Solofra nel XVII secolo

 

Elementi di economia

 

Queste pagine tengono presenti alcuni risultati, come tabelle o elementi specifici, dell'articolo di Flavia Luise Solofra tra il 1640 e il 1676 nei capitoli matrimoniali e nei testamenti (in "Melanges de école francaise", 95, 1983, 1, pp. 299-338) fatto utilizzando testamenti e contratti matrimoniali degli anni 1640-1676, ma ne corregge molti risultati. Infatti l'analisi dell'autrice è completamente staccata dal contesto socio-economico locale. Essa dà uno spaccato di un periodo interessante, poiché a cavallo di un evento disastroso come quello della peste del 1656, ma nella interpretazione degli eventi l’autrice si mantiene su linee generali e avulse anche dalla dimensione storica.

Si consideri l’artigianato del battiloro che, proprio per lo sganciamento dal contesto storico precedente, è visto trasferito da Solofra a Napoli. Nel secolo XVI invece avvenne esattamente il contrario in quanto da Napoli esso giunse a Solofra. La capitale aveva la privativa (jus proibendi) dell'arte, quindi non poteva esportare l’attività fuori. Per Solofra tale esportazione fu resa possibile perché a Napoli si erano stanziate le famiglie solofrane, acquisendo in tal modo il diritto a lavorare l'oro a Solofra, cosa che fu fatta dai membri delle stesse famiglie rimasti nel paese di origine. Vale anche considerare che questa arte era sorta come oropelle (doratura della pelle con fogli di oro) quindi era legata alla concia solofrana, di qui l'utilità del trasferimento a Solofra dove c'era la materia prima. Inoltre la chiusura ai forestieri che gli artigiani solofrani praticavano così rigidamente, scaturiva proprio dalla difesa di un diritto ed era legata ai permessi che la Regia Corte dava ai lavoratori di questa arte. Le grandi famiglie dell’ancien régime permisero questo trasferimento.

L’edogamia è un processo che nasce dalle contingenze della economia di questo periodo e viene praticata proprio per difendersi dalle secche della economia vicereale. In tale prospettiva devono essere letti i testamenti e i matrimoni che ripetono modalità già usate nel XVI e che nel XVII diventano più frequenti perché si rivelano una difesa contro la debolezza della economia del secolo. La famiglia si chiude a riccio, difende il proprio patrimonio, tende a conservare le forze nel proprio seno, e ad assorbire le forze nuove che vengono da fuori. Così le Chiese e le Cappelle rionali, di jus patronale delle famiglie del posto o in cui esse hanno un altare con un jus, servono anch’esse a difendere l’impresa famiglia e il patrimoni delle stesse nelle modalità individuate nel secolo XVI.

 

Solofra continua a vivere di un’economia di scambio dei prodotti dell’artigianato locale.

Il commercio continua a raggiungere le stesse fiere stagionali ed annuali che avevano accolto i prodotti solofrani nel XVI secolo prima di tutto l’importante ed antica fiera di Salerno, poi la piazza di Atripalda e quella Avellino, ma poi c’è Foggia, Bitonto e tutta la Puglia dove ci sono intensi legami e validi rapporti economici, dove vengono comperate le pelli lavorate nelle concerie solofrane.

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Tali scambi sono documentati negli atti notarili sia nei testamenti, in cui vengono riportati crediti e debiti contratti con i forestieri, sia nelle societas o nei contratti di compravendita.

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Un ostacolo al commercio

L'attività mercantile era ostacolata dal banditismo, un fenomeno endemico e diffuso, sorto come "strumento della reazione feudale", che esercitava il terrore sui privati cittadini e andava contro le strutture amministrative. I briganti erano organizzati in bande. Delitti, sequestri di persona, richieste di pesanti ed esosi riscatti furono una piaga per i solofrani che continuamente erano assaliti nei loro viaggi dai banditi e cadevano nelle loro mani, costretti a pagare ingenti somme di danaro in cambio della salvezza e della libertà.

In una lettera di Francesco Vigilante, indirizzata a Tiberio Attolino in data 8 febbraio 1652 il Vigilante giustifica i ritardi e l'indisponibilità nello sbrigare gli affari richiesti, dichiarando che "per li banditi... si sta in armi tutta Solofra"

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 Le attività solofrane più diffuse:

La concia della pelle

Gli addetti alla lavorazione e alla concia delle pelli continuano la tradizione locale anche familiare e continuano le modalità già riscontrate nel XVI secolo con l’accoglimento di lavoratori di altri luoghi specie vicini che trasferiscono la residenza a Solofra per apprendervi il mestiere.

La lavorazione delle pelli continua ad essere uno dei punti di forza della struttura economica con una polverizzazione di botteghe tale da interessare la quasi totalità della compagine sociale del centro. In questo settore si riscontra un'offerta di forza-lavoro superiore alla domanda ed è, questo, un dato che incide sul salario giornaliero, stabilito in gr. 13, inferiore, quindi, a quello corrisposto ai battiloro. Le botteghe offrono lavoro a più di un lavorante e la durata dei contratti per entrambe le categorie non supera i 6-7 anni.

Le concerie più rinomate sono quelle di

Felice Giannattasio,

Soccorso Garzilli,

Nobile e Costantino Garzilli,

Orazio Giliberti,

Geronimo Giliberti,

Surgente Pirolo,

Tomaso Vigilante,

Ambrosio Troisi.

I conciatori danno alle loro imprese un assetto artigianale, a conduzione familiare, impegnando nella lavorazione genitori, figli, nipoti. cugini, tutti i membri di quello che è la grande famiglia lavorativa di allora.

Il battiloro

L'arte del battiloro in questo secolo è divenuta floridissima. Ora si indorano metalli, legni lavorati e pelli con un gran numero di persone variamente impegnati e che è una fonte sicura di reddito.

I battiloro sono esclusivamente lavoratori solofrani, una specializzazione artigianale non consentita ad elementi estranei al paese. É questa la conseguenza del jus prohibendi che legava questi lavoratori a Napoli e che impediva che si diffondesse in altri luoghi.

La paga giornaliera era di gr. 15 per i lavoratori dell'argento e in gr. 30 per i lavoranti dell’oro per la necessità di una maggiore specializzazione ed esperienza legata al metallo pregiato.

Importanti botteghe erano quelle di Brando Guarino, Francesco Guarino, Domenico Guarino; di Tommaso e Agostino De Tura; di Gio. Santo e Gio. Pietro Lettieri, di Claudio e Desio Troisi; di Lorenzo Vigilante e Aniello Buongiorno. Essi mantengono sempre il rapporto con la capitale dove hanno residenza tutte le famiglie che esercitano il battiloro a Solofra. Così accade per la famiglia Guarino di Santolo e Francesco, che lavorano anche a Napoli l’arte (in un contratto di lavoro i Guarino si assumono la spesa di viaggio e di mantenimento per alcuni lavoranti che esercitano a Napoli). I battiloro gestiscono la loro attività con caratteristiche "industriali". 

 

Il lavoro della terra

I contadini detti "lavoratori della terra" sono soggetti a contratti dalla durata limitata non oltre i due anni - con retribuzioni molto basse, essi sono i lavoranti maggiormente esposti alla sperequazione salariale. Privi, infatti, di qualificazione sono scarsamente richiesti sul mercato locale, soprattutto a causa dell'economia di sussistenza, che sul piano agricolo ogni famiglia è costretta a praticare col piccolo podere sistemato dietro l'abitazione, valido a soddisfare le necessità alimentari dei nucleo.

 

Il lavoro domestico 

Lavori domestici e servili molti dei quali sono esercitati da persone che vengono da altre località e confermano una caratteristica del ruolo economico di Solofra.

 

Le professioni

 Uomini dell'ambiente forense: avvocati, notai, giudici, medici, artisti.

 

Altri lavori 

Gli strati sociali più modesti sono quelli formati di mulattieri, fabbri, barbieri e sarti.

 

PROFESSIONI SECONDO I CONTRATTI DI LAVORO

.

PROFESSIONE

N. casi

%

Battitori dì oro e argento

37

27,5

Domestici

35

25,8

Domestiche

24

17,6

Sarti

12

8,8

Conciatori

8

5,8

Agricoltori

6

4,4

Calzolai

4

2,9

Falegnami

3

2,2

Segretari

3

2,2

Maniscalchi

1

0,7

Pastai

1

0,7

Mulattieri

1

0,7

Speziali

1

0,7

 

136

100,0

 

Tale struttura non è alterata dall’evento catastrofico della peste dopo la quale le attività manuali e intellettuali sono le stesse. Si nota solo una forte riduzione dei lavoratori della terra.

 

 

Solofra nel Seicento

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