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Il bombardamento

del 1943

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Nel settembre del 1943 gli alleati sbarcarono a Salerno e dettero inizio ad azioni di perlustrazione e di bombardamento su tutta la zona.

A Solofra si trovavano:

 

Dopo l’8 settembre si diffuse un’atmosfera di paura acuita dai racconti degli sfollati, che venivano da Napoli perché Solofra non era un obiettivo militare.

Il 14 settembre comparvero gli apparecchi ricognitori delle Forze alleate. Nel pomeriggio del 16 ci fu un feroce duello aereo che si concluse con l’abbattimento dell’aereo tedesco che cadde in fiamme sul monte Garofano.

 

Un episodio luttuoso.

L’uccisione del maggiore Lombardi e di un suo sottotenente

 

Prima dell’otto settembre, quando già si aveva chiara l’eventualità di una disfatta tedesca, il maggiore Lombardi e in suo sottotenente Rovalleschi si recarono ad Avellino per avere notizie sul da farsi. Era con loro una camionetta di soldati tedeschi, che dopo poco ritornò a Solofra con i cadaveri dei due italiani. I tedeschi affermarono che gli italiani erano stati uccisi dagli americani a San Biagio di Serino.

Nella zona, si seppe dopo, che non c’erano americani, per cui si può pensare che i tedeschi si siano voluti liberare degli italiani per avere più facile la ritirata, cosa che avvenne di lì a poco.

 

Altro episodio fu la morte del granatiere Antonio Manno di Alcamo proveniente da Roma.

La zona di Solofra fu fatta oggetto di qualche isolato sganciamento di bombe nei giorni 17 e 18 settembre. Per questo motivo diversi solofrani si accamparono nelle zone alte sui monti ad est. Furono occupate le località Campo del lontro, i Cappuccini e la Scorza.

Il giorno 20 settembre il cielo di Solofra fu solcato da diversi ricognitori che notarono l’accampamento, ma non capirono che era di civili.

Il giorno 21 un poco prima di mezzogiorno un aereo disegnò un cerchio nel cielo là dove c’erano i solofrani accampati.

 

 

Ecco cosa dice un solofrano:

Verso mezzogiorno ero affacciato al balcone della mia casa in via Sambuco quando vidi arrivare da ovest due aerei che volavano in formazione. Li seguii. Giunsero all’altezza della Piazza e qui iniziarono a tracciare nel cielo un cerchio di fumo che andava verso il Sorbo e i Balsami. Mentre si allontanavano vidi venire una formazione più consistente di aerei, che si diressero nella zona segnata dal fumo. E fu il finimondo.

 

Rapporto inviato alla Prefettura di Avellino dal Podestà Costantino De Maio

 

(28 ottobre 1943)

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Incursione aerea del 21 settembre - Danni.

 

Per opportuna conoscenza e per i conseguenti necessari provvedimenti si comunica quanto segue:

A seguito degli avvenimenti bellici del settembre ultimo, questa cittadina è stata gravemente danneggiata.

Infatti nei giorni 17-18 settembre vi fu un primo sgancio di bombe da parte di aerei isolati i quali non produssero gravi danni, tranne lesioni di modesta entità a qualche fabbricato e qualche ferito lieve.

Verso il mezzogiorno del 21 settembre, invece, il paese fu oggetto di una vera e propria incursione aerea condotta in una prima ondata da 18 apparecchi ed in una seconda, a brevissimo intervallo dalla prima, da 12 aerei.

Il numero delle bombe fu rilevante e i danni gravissimi sia per le cose che per le persone.

È da notare che la zona colpita fu quella estrema orientale della conca solofrana, alla periferia dell'abitato, nella quale aveva trovato naturale rifugio la popolazione, essendo molto lontano dalle strade di traffico e da ogni presumibile obiettivo militare. Rilevante così il numero delle vittime accertato finora nelle 170 inumate nel cimitero e in località provvisorie, mentre altre giacciono ancora sotto le macerie non essendoci stata finora la possibilità di recuperarle.

In totale si possono calcolare 200 morti.

Il rione più colpito è quello denominato Sorbo nel quale moltissime sono le case completamente diroccate, la via Umberto I pure è stata gravemente danneggiata.

In totale le case distrutte o danneggiate in modo da ritenersi inabitabili sono oltre 70 mentre numerosissime sono quelle che hanno sofferto in modo meno grave. Anche l'edificio comunale è stato colpito in tutta la parte prospiciente la citata via Umberto I. Le sue condizioni sono tali da richiedere spese non indifferenti per una completa riattivazione ed alle quali non si potrà provvedere con i mezzi di bilancio.

Subito dopo l'incursione fu provveduto, sfruttando al massimo gli scarsi mezzi locali, a soccorrere i feriti che, tra curati a domicilio, nel locale Ospedale e presso le abitazioni dei medici locali, oltrepassavano i 400 e si diede subito mano alla rimozione delle vittime, pur tra le difficoltà del momento. Il panico prese i più per la minaccia di altre incursioni aeree. Successivamente si provvide ad eliminare ogni pericolo derivante da muri pericolanti e fabbricati riattivando nel modo migliore il traffico.

Attualmente è ancora interrotta la via Sorbo e la via Landolfi, dove per l'entità delle macerie la spesa non può affrontarsi con i mezzi di bilancio. Al riguardo sarebbe augurabile l'intervento dell'autorità militare anche per la sistemazione delle altre strade dove il traffico è stato riaperto in via provvisoria e parziale.

Le famiglie rimaste senza tetto sono state sistemate nel modo migliore e molte di esse nei locali delle scuole.

Si cercherà, come già si sta facendo, di trovare loro una sistemazione definitiva, ma se proprio non fosse possibile dovrebbe provvedersi con baraccamenti, la cui spesa non potrebbe essere affrontata dal Comune.

Per le numerose famiglie rimaste senza tetto e prive di ogni risorsa è opportuna l'assegnazione di una congrua somma.

Finora con le scarse disponibilità dell'ECA si è cercato di alleviare la situazione solamente di qualche caso di maggiore evidenza e di assoluto bisogno.

Altro problema da segnalare in relazione alla situazione sopra citata ed a quella del momento è la completa stasi dell'industria locale della concia con relativa disoccupazione delle maestranze. Le industrie sono inattive per mancanza di materia prima (pellame grezzo) ed in specie dei concianti provenienti dall'Italia settentrionale. Gli operai disoccupati, pur senza percepire il relativo sussidio, non risentono molto della loro precaria situazione perché hanno potuto in certo modo sbarcare il lunario coi lavori di vendemmia e di raccolta delle castagne, ma il problema merita la dovuta considerazione, anche dal punto di vista assistenziale; quando altro non fosse in previsione dell'imminente fine di questi lavori di carattere stagionale.

 

Distrutto il rione Sorbo, in rovina i Balsami, abbattuta un’ala del Monastero di S. Teresa dove morirono tre suore, mentre illesa rimase la chiesa. Distrutto il palazzo del dott. Ronchi e della famiglia Landolfi. Intatta resto la chiesa del Convento dei Cappuccini, mentre la via che porta a quel luogo fu disseminata di morti. Distrutto fu pure l’ospedale Landolfi senza vittime. Sterminata fu la famiglia del dott. Edoardo Giliberti, alcuni della famiglia del Conte Francesco Garzilli.

 

Michele Scalone, uscito dall’Accademia come guardiamarina tornò a Solofra nel pomeriggio del 21 settembre e fu colpito dal crollo della sua casa.

 

La popolazione trovò rifugio nelle gallerie di S. Agata e del monte Pergola.

Da esse uscì il 29 settembre, giorno della ricorrenza di S. Michele. Tutti si recarono alla Collegiata a ringraziare il patrono dello scampato pericolo. Molti fecero in ginocchio il tragitto dalla porta di entrata all’altare maggiore. Furono trovate molte case con i vetri rotti.

 

In questa occasione i feriti furono curati ed assistiti dai medici:

 

 

La crocerossina Giulia Ronca, nipote di Gregorio Ronca, apri nella sua casa un vero e proprio centro di raccolta dei feriti meritando la medaglia d’argento.

 

Il 7 dicembre del 1943 ci fu una sommossa popolare contro l’amministrazione fascista.

 

 

 

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Da Antonietta Favati, Le Internate, Atripalda, 2003; V. Cannaviello,  Avellino e l’Irpinia nella tragedia del 1943-44, Avellino, 1954.