Salviamo il castello di Solofra

 

 

È sempre un dovere per noi adulti sostenere le attività dei giovani soprattutto se queste hanno un fine lodevole come quello messo in atto un gruppo di giovani solofrani. Sono giovani dai venti ai trenta anni di varia estrazione sociale e cultura, sia appartenenti ad associazioni  - da Legambiente al Centro giovanile Marello -  sia semplicemente giovani che hanno avvertito un problema che si è trasformato in esigenza di risolverlo ed è divenuto impegno attivo. Si resta positivamente impressionati se si pensa che questa categoria, i giovani appunto, che in generale troppo frettolosamente vengono tacciati di superficialità se non di altro, mostrino una sensibilità così spiccata e volta verso le cose che valgono. Non si può non dire loro che “andate avanti, forza, non arrendetevi dinanzi alle difficoltà anzi imparate a riceve forza proprio da queste soprattutto se il fine per cui lottate è positivo, ricordatevi che le scelte di valore sono quelle che alla lunga premiano, perchè è una strategia vincente che da sempre domina il mondo, il valore non muore mai ed è alla base delle cose che vanno avanti”. Noi adulti purtroppo diamo esempi al contrario, troppo attaccati all’interesse, all’immediato giovamento, non sappiamo vedere al di là del nostro misero quotidiano. Questi giovani invece hanno scoperto il valore della gratuità che fa parte dell’etica e ci danno un insegnamento.

Mi sto riferendo all’impegno messo in atto  - lo si è visto nelle strade della festa di San Michele -  per salvare il castello longobardo i cui miseri resti languiscono in cima alla collina, mentre chissà quanti attendono che l’ultimo pezzo scompaia per mettere al suo posto qualche sconcia costruzione come già si è dato prova proprio lungo quella collina che sta subendo un assalto in modo scomposto con manufatti che gridano vendetta dinanzi all’altare del Buon gusto.

Nella indifferenza interessata di alcuni o nella superficialità di altri, sicuramente nella colpevolezza di tutti, stiamo perdendo il nostro monumento più importante perché più antico di tutti quelli che abbiamo sul nostro territorio. Siamo dinanzi all’agonia di un millenario testimone di tutto ciò che la nostra comunità ha vissuto qui giù nella conca. E che sta lì da quando un popolo barbaro, il longobardo, scese dalla lande fredde e desolate dell’Europa e trovò nel caldo delle nostre contrade la possibilità di una vita migliore e le scelse come dimora, senza profanarle. Anzi con la sua giovane baldanza rinvigorì la nostra superiore civiltà che però languiva. In tempi tristi e pericolosi seppe dare valore alle possibilità di difesa che aveva la nostra morfologia, la potenziò prendendo questi nostri luoghi come sede (fin dall’inizio il locum Solofre fece parte del Ducato longobardo di Benevento). Scelse questa gente la collina ai piedi del monte Pergola per la sua posizione centrale e dominante, in rapporto con quella di Chiancarola che le forniva uno sguardo sui pericoli della pianura. La circondò interamente di mura e di torri, trasformandola, in tal modo e secondo il suo costume, in fortificazione. Così forte, dai nostri poggi, potette allungare lo sguardo sulla pianura perchè i pericoli potessero trasformarsi in progresso. Non era un popolo marinaro il longobardo eppure decise di tentare l’impresa della conquista della costa. Per suo merito Salerno divenne una grande città dove brillò la prestigiosa Scuola medica famosa in tutto il Mediterraneo e dove le attività solofrane trovarono possibilità di sviluppo.

Ma c’è di più. Sulla nostra collina ai piedi del Pergola, c’è il diritto di tutti noi solofrani di godere di uno dei più interessanti panorami della conca, che è lo stesso diritto che ognuno di noi ha di respirare la nostra aria e di guardare i nostri monti dal vero (ne sanno qualcosa tutti quelli che vivono altrove). Quel panorama non può essere un fatto privato, un godimento di pochi.

Ci sono delle cose che per il valore che riassumono   - storico o paesaggistico, oppure di entrambi -   non possono appartenere a poche persone, sono di tutti. Non per questo c’è, per fortuna, nel nostro ordinamento la possibilità dell’esproprio, che significa esattamente acquisire per la comunità un bene privato. Ubi maior minor cessat (dove c’è qualcosa di grande cessa ciò che ha minor valore) dicevano i romani e quella sapienza, sulle cui spalle ancora noi procediamo, è contenuta nelle nostre leggi.

Tutto questo mostrano di sapere i nostri giovani, più di tutti noi, adulti e saggi cittadini di Solofra. E noi non possiamo far finta di niente, girare la testa dall’altra parte o fuggire impauriti dinanzi ad una firma che ci chiede di pretendere un diritto. Dobbiamo impegnarci a sostenerli, dobbiamo aiutarli, ognuno per ciò che può dare, dobbiamo togliere loro ogni ostacolo perchè si realizzi la loro richiesta. Qualcuno può dire “ma perchè ora e non prima”. Noi giovani di cinquanta anni fa non avevano questa visione, eravamo più ignoranti di alcune cose, non avevano certa sensibilità, i tempi erano diversi. Come non lo ebbero i solofrani di cento anni fa e oltre che lasciarono deperire il monumento. Non è mai troppo tardi però per riparare agli errori. Mi auguro che questa iniziativa possa far cambiare direzione al nostro paese. Se vogliamo rimanere sul piano dell’interesse si può considerare che il castello può essere sfruttato dal punto di vista turistico in modo molto redditizio. Si ricordi che l’industria turistica ha grandi prospettive perchè coinvolge molti campi. Si potrebbe progettare un percorso storico-paesaggistico che unisce i castelli di Serino e Solofra (comprendendo Castelluccia), il castello di Montoro con la grotta dell’Angelo, quello di Forino, quello di San Severino che già è ben tenuto, fino a quello di Arechi di Salerno (per chi non lo sa Arechi I e II furono due principi longobardi del Ducato di Benevento che contribuirono alla grandezza della città). Una serie di schede storiche illustrative, cartelloni indicativi, ed altri supporti turistici, compresi posti di ristoro, di svago ed altro, potrebbero costellare il percorso rendendo tutta la zona di grande profitto. Non ci vogliono consistenti capitali per tutto questo, solo impegno.

Infine voglio dire al proprietario del suolo su cui sorge il castello, che, considerando l’iniziativa intrapresa, si può essere sufficientemente sicuri che si ottengano i risultati sperati. Se è così potrebbe egli giocare di anticipo e donarlo a Solofra o magari agevolare il percorso di esproprio. Farebbe un’azione di grande rilievo che gli assicurerebbe di essere ricordato nella storia della nostra cittadina per qualcosa di grande valore. 

Mimma De Maio

 

Da “Il Campanile”, luglio 2009, XL, n. 8, p. 4.

 

 

 

 

 

Raccolta di firme durante la festa del patrono

 

 

 

 

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