La chiesa dei Dodici Apostoli o di Santa Maria di Costantinopoli

 

 

Questa bella chiesa, che si incontra lungo la via che dai Volpi porta a Montoro un poco prima del Cimitero, è una dei più antichi centri di culto solofrani. Fino al secolo scorso si chiamava di Santa Maria di Costantinopoli, legata al culto mariano di origine orientale, diffuso nella conca solofrana fin dal primo Medioevo. Quando, infatti, i bizantini di Salerno vinsero la lunga guerra, combattuta sulle rive del Sarno contro i Goti (535-555), tutta la zona subì una forte impronta greco-bizantina, di cui è espressione, tra l’altro, il culto alla Madonna del quindici agosto, che ebbe nella pieve solofrana la sua prima sede. Subito la località, dove sorse la chiesa, fu denominata Coste di Santa Maria, cosa che dimostra l’antico impianto del culto.

L’edificio, dalle forme molte semplici e lineari come le prime chiese cristiane, aveva all’inizio la volta a crociera successivamente perduta, mentre originario è l’ingresso, volto ad occidente, sulla via che porta a Solofra. Fu il centro religioso del casale delle Casate di Solofra, come veniva chiamata Cortina del cerro, alla base del quale si trova. Ad essa facevano riferimento tutte le famiglie di questo importante insediamento (Guarino, Tura, de Federico), che la dotarono di selve e terreni, ampi e numerosi sull’intera collina di Chiacarola e su gran parte del Postellone. Ciò fu determinato anche dagli eventi della peste del 1528, che ebbe il suo focolare proprio su questa collina, dove si era creato un accampamento di soldati francesi fuggiti dal campo del generale Lautrech a causa del morbo.

In questo secolo, come molte chiese solofrane, anche questa chiesa, sicuramente per la sua ricchezza patrimoniale, si ampliò e si abbellì con la costruzione della loggia antistante e del frontone triangolare della facciata. I pilastri che delimitano lo spazio, a sezione ottogonale e in pietra locale ben lavorata, creano con la loro eleganza e grazia la caratteristica armonia delle costruzioni rinascimentali. Essi reggono tre archi a tutto sesto sulla facciata e due di maggiori dimensioni ai lati. Anche il portale è di fattura classica. L’altare maggiore fu dotato di una bella la tavola rappresentante Santa Maria di Costantinopoli fra San Francesco e Sant’Antonio, opera di Giovanni Battista Graziano de Aucilia (1586). Data l’importanza della chiesa gli economi si rivolsero a Francesco Guarini per avere una sua tela, sia per il valore riconosciuto già in vita all’artista solofrano, sia perchè tra gli economi della chiesa ci furono diversi membri della famiglia Vigilante, a cui il pittore apparteneva per via della madre.

Nel frattempo sorse una Confraternita, che fu molto attiva nel seguire le esigenze non solo degli abitanti del casale, ma anche delle famiglie della Fratta e di quelle insediate nel fondovalle. Essa curava tra l’altro le feste che si svolgevano nella chiesa e che erano, oltre a quella centrale celebrata il martedì di Pentecoste, la festa di S. Anna e Santa Maria del Carmine, nonché molti riti festivi e feriali.

Un nuovo intervento fu operato nel XVIII, quando il tempio subì un’ampia ristrutturazione  - renovatum exornatumque dice l’epigrafe –  che la abbellì di stucchi e dipinti e soprattutto del bellissimo pavimento maiolicato che ne fece una delle chiese solofrane più interessanti. Fu tale intervento che determinò il nuovo nome della chiesa  - Dodici Apostoli –  poiché il portico d’ingresso fu arricchito delle effigie degli Apostoli con la Vergine e il Cristo, posti in ovali. Ci troviamo in un periodo ricco e fecondo in cui anche questa chiesa svolgeva attività in sostegno del credito solofrano. Quando, con la fine dell’antico regime, tutti i centri religiosi perdettero tale funzione finanziaria, questa chiesa, come tutte le altre, divenne semplicemente un luogo di culto. I suoi beni furono venduti dalle Commissioni di beneficenza, mentre l’attività di sostegno ai fedeli, molto ridotta, passò alle Congreghe di carità.

Il bombardamento provocò danni non gravi ma fu evidenziata la necessità di intervenire sugli affreschi del portico che furono ripresi negli anni Cinquanta dal nostro Alfonso Grassi. Il terremoto del 1980 arrecò invece maggiori danni tanto che la chiesa fu chiusa al culto e ha dovuto subire un profondo restauro non ancora ultimato, che ci impedisce, ancora oggi, di godere di questo nostro bene architettonico.

Mimma De Maio

 

Da “Il Campanile”, 2008 (XXXIX, n. 2, p. 4).

 

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