Articoli su “Il Campanile” (2004, XXXV, n. 1, p. 4)

 

 

 

Un palazzo del XVIII secolo al casale Sorbo

 

(da un documento inedito)

 

 

Il 7 maggio del 1751 gli atti notarili ci forniscono una straordinaria descrizione di un palazzo del Sorbo. Apparteneva a Filippo Vigilante, fratello del vescovo di Caiazzo, Costantino, e discendente di Pompilio, fondatore del “Monte” di questa importante famiglia solofrana, un ramo della quale abitò nel XVIII secolo la casa “palazziata”, sita in via Cacciata, uno dei pochi antichi palazzi solofrani che ancora possediamo. Poiché Filippo era morto lasciando dei figli minori, si dovette fare un atto di ricognizione dei suoi beni, il quale ci permette di conoscere non solo la consistenza economica della famiglia, quanto la struttura del palazzo, l’arredo e le suppellettili e financo l’abbigliamento e i gioielli dell’epoca. Tutto, dal tipo dei mobili e degli abiti, agli stemmi sparsi dovunque, evidenzia che questa famiglia apparteneva alla ricca e colta borghesia solofrana, che traeva il proprio sostentamento dalle attività artigiano-mercantili locali. Filippo, sposato con Delia Caropreso e padre di Bartolomeo e Felice Antonio e di otto femmine, tutte, secondo il costume dell’epoca, suore, aveva una conceria, al largo S. Caterina, ed era, come i più importanti conciapelli solofrani, anche mercante e finanziatore. I suoi rapporti commerciali si estendevano a tutte le zone del Meridione dall’Abruzzo, dove Lanciano costituiva una porta verso i mercati del centro-nord, al salernitano e alla costiera amalfitana, da sempre centri privilegiati delle attività mercantili solofrane, alla Puglia e alle zone interne dell’Irpinia, attive nei rapporti con il nostro commercio specie degli animali e della lana, alla Calabria, da tre secoli fornitrice di prodotti concianti, e al napoletano, dove Filippo aveva un arrendamento sui «frutti della Città di Napoli». Ricchissimi erano i legami finanziari con i conciatori solofrani che qualificano Filippo, a metà settecento, un importante sostenitore del commercio solofrano.

Il palazzo aveva un cortile con pozzo e acqua corrente, magazzini e cantine, una Cappella, e al piano nobile una grande sala da cui si diramavano le numerose stanze, tutte riccamente arredate con mobili di pregio, cassepanche e sedie rifinite in pelle e istoriate con lo stemma, che a quei tempi avevano tutte le famiglie facoltose. Alle porte c’erano pesanti tende di damasco verde o cremisi, che si ponevano per riparo o ornamento, mentre alle finestre c’erano vetrate, dette alla francese. Tra gli elementi dell’arredo spiccano i numerosissimi quadri che coprivano quasi interamente le pareti, tutti con cornici indorate e varie orlature, raffiguranti sia membri della famiglia, sia soggetti religiosi o di natura morta ma anche molti soggetti venatori. Interessanti sono gli arredi sacri della Cappella o sparsi un po’ dappertutto, il corredo della cucina con i grandi utensili di rame, le attrezzature per il vino delle cantine, i generi alimentari conservati nei magazzini, dal grano, alla carne salata, al formaggio, ai “maccaroni”, il caratteristico calesse settecentesco con mantice e il cavallo da sella finemente guarnito, nella stalla.

La grande sala centrale aveva un orologio con cassa di pioppo dipinta, un canapè rivestito di pelle rossa, delle scrivanie e i caratteristici mobili a diversi scomparti protetti da reti di ferro per libri o altri oggetti, tutti dettagliatamente descritti, come pure gli oggetti di argento e le preziose stoviglie contenuti nei mobili. Da questa sala si accedeva a due anticamere, elegantemente arredate con scrivanie, tavoli e sedie, stipi a vetri per oggetti di pregio, e da queste alle molte camere da letto, tra cui quelle di Filippo, dei figli e dei fratelli (Bartolomeo e Costantino). Tutte avevano il caratteristico letto a baldacchino ornato con varie guarnizioni, mobili con cassetti e porta oggetti, inginocchiatoi, tavoli, né mancavano grandi specchi da muro. Una di queste era la camera dei bambini con culla rossa e finimenti d’oro, mentre quella che ospitava il vescovo Costantino, all’epoca ancora vivo, quando veniva a Solofra, aveva un «letto di campagna con padiglione» e molti oggetti religiosi. Interessante era lo studio di famiglia, a cui si accedeva dalla sala centrale verso nord, perché qui, in due librerie, si trovavano circa 400 libri, anch’essi descritti, che si inquadrano nel clima culturale dell’epoca e che permettono di definire gli studi e gli interessi del Vescovo di Caiazzo. Tra gli oggetti alcuni calamai di marmo o d’osso col caratteristico coperchio che conteneva la polvere che allora si metteva sullo scritto fresco perché asciugasse. Due stanze di particolare interesse erano l’armeria con diversi candelieri e due porta armi (tre cherubine e sette “coppette” lunghe per caccia, due paia di pistole, due sciabolotti e due spade coll’impugnatura di ottone usate dai “servitori”) e il guardaroba, dove, in due armadi (detti alla genovese) e in varie casse e bauli di pelle, c’erano gli abiti appartenuti a Delia Caropreso, il suo corredo e quello per la casa, gli abiti di Filippo e quelli del giovane Bartolomeo, oltre ai gioielli personali e di famiglia e vari oggetti di argento, che costituivano un vero e proprio tesoro. Il tutto, dettagliatamente descritto, risulta particolarmente interessante poiché riesce a dare un quadro abbastanza preciso della moda dell’epoca. C’erano le vesti da donna eleganti, di tessuti pregiati e ornate di oro ed argento, la caratteristica intelaiatura che si poneva sotto la gonna per tenerla allargata e gonfia, gli immancabili busti, la borsa per scaldare i piedi, e poi manicotti, cuffie, ventagli; il corredo era nei tessuti dell’epoca in prevalenza di seta, di Fiandra, di damasco, con molti cortinaggi usati per guarnire i letti. Tra i gioielli  - collane, braccialetti, orecchini d’oro e di perle, anelli con pietre preziose, orologi -  c’erano medaglie, spille, fermagli, diversi rosari con grani d’oro, di agata, di corallo, di cocco tutti con medaglie, persino un arcolaio con “occhiello” e ditale d’argento ed un cassetto con vari oggetti del mons. Costantino recanti lo stemma vescovile e la sua cifra. Tra gli oggetti appartenuti a Filippo c’era una spada con manico d’argento, uno bastone di canna d’India con pomo di argento lavorato, e, tra i suoi indumenti, soprabiti invernali di finissimo pannolano ed estivi di seta, il caratteristico abito maschile da gala con giacca fino al ginocchio, simbolo del ceto borghese (detto giamberga), e quello con giacca più corta e bottoni d’argento (giamberghino) di seta o di panno, le livree ornate di trine di seta, con cappelli bordati o con trina di argento e una coppola di velluto con lo stemma di argento, persino tre parrucche. Dello stesso tipo gli abiti del giovane Bartolomeo, un guardaroba molto ricco e vario di tessuti pregiati con ricami d’oro ed argento, dove spiccano i copricapi semplici o bordati, ben quattro feluche a due punte e dei giovanili mantelli ampi e corti con bavero.

Mimma De Maio

 

 

Cosa accade nel Settecento a Solofra 

 

 

 

 

 

 

Home

 

Altri articoli

 

Scrivi