In S. Gregorio Armeno la tomba di Riccardo Fasano

 

Medico solofrano del XIV secolo

 

 

L’Università degli studi di Napoli ha pubblicato nel 2007, a cura di Stefano D’Ovidio e di Alessandra Rullo del Dipartimento di discipline storiche dell’Università di Napoli, un’antica opera di Pietro De Stefano, edita a Napoli nel 1560 dal titolo Descrittione dei luoghi sacri della città di Napoli. L’opera descrive “reliquie, sepolture, epitaffi” che si trovavano nelle chiese o nelle cappelle napoletane dell’epoca, ben 250 centri di culto, molti dei quali non ci sono più o hanno cambiato nome.

Diverse informazioni contenute in questo antico libro interessano la nostra storia. Una prima informazione riguarda la titolazione di alcune chiese napoletane dell’epoca  - Santa Maria della neve, Santa Maria del popolo, Santa Maria delle Grazie -  che è il nome di antiche chiese solofrane per le quali non si trovavano riferimenti ad eventi solofrani che ne avessero potuto determinare il nome. Ora invece sappiamo che quei nomi vennero da Napoli grazie ai rapporti tra Solofra e la capitale del regno.

Altra informazione ci viene dalle epigrafi dei monumenti funerari, che si riferiscono a molte personem e di primissimo valore, provenienti da tutto il meridione che erano morti a Napoli. Ciò si spiega con la politica, iniziata con gli Angioini, di arricchire la città della parte migliore della società meridionale che contribuì a fare di Napoli una grande capitale. Anche da Solofra fin dal XIV secolo erano giunti a Napoli rappresentanti di valore della nostra società.

L’informazione più importante riguarda un solofrano, Riccardo Fasano, il grande medico morto nel 1333 a Napoli dove gli Angioini lo avevano chiamato per organizzare gli Studi di medicina nella Università della nuova capitale. Già il primo angioino, il re Carlo, lo aveva premiato per la sua opera alla insigne Scuola Medica Salernitana, dandogli un suffeudo incardinato sul territorio solofrano di Arco e Carlo II lo aveva voluto medico alla sua corte quando era ancora principe di Salerno. Poi venne il prestigioso incarico napoletano e la nomina a Protomedico del Regno, una specie di ministro della salute. A Napoli l’opera del Fasano fu molto apprezzata e valida, sia come rettore della Università, che come capo dei medici del Regno. Si riempì di meriti e si legò strettamente ai re francesi che furono munifici verso coloro che gli erano fedeli.

Verso il nostro concittadino non mancò la loro riconoscenza che si prolungò col figlio Andrea e col nipote Nicolò, anch’essi medici della corte angioina, e si estese anche a tutta la comunità solofrana che godette di privilegi e di protezioni di carattere soprattutto economico. Ora sappiamo che quei re dettero al Riccardo solofrano anche una degna sepoltura nella chiesa più importante dell’epoca  - San Ligoro o Logorio - dove fu sepolto con una lapide importante in cui vengono ricordati i meriti e le dignità del Fasano nonché la vicinanza di affetto e amicizia con il re angioino.

Conoscevamo la data della sua morte, tramandata da coloro che hanno parlato di questa famiglia solofrana e dei suoi rappresentanti più famosi  - Beltrano, Candida Gonzaga, Crollalanza -  non conoscevamo il luogo della sepoltura, né l’epigrafe, che ora vengono alla luce dietro la fatica di due ricercatori universitari. San Ligorio è il nome popolare di San Gregorio Armeno, dove in gran considerazione era temuta come reliquia la testa di San Biagio. Quest’ultima informazione ci spiega perchè nel posto dove poi sorse la chiesa della Consolazione era costruita una cappella dedicata a San Biagio. Siamo nel fondo Arco, dove i Fasano avevano incardinato il suffeudo dato dagli Angioini e dove, secondo l’uso, non mancava un centro religioso. Non è improbabile che i figli di Riccardo abbiano dedicato la chiesa del loro fondo al Santo la cui reliquia era venerata nella chiesa dove era sepolto il grande loro genitore.

Anche questa volta abbiamo recuperato a Solofra un frammento della sua storia ma anche questa volta dobbiamo richiamare quanto detto in altri nostri interventi, di una errata informazione che suona come ingiustizia. Riccardo viene detto nell’epigrafe “napoletano” facendo perdere a Solofra un suo figlio, mentre tutte le altre fonti sono esplicite nel parlare dei tre medici, detti “solofrani”. Ormai è chiaro che questa sorte è toccata a tutti quegli uomini che dalla provincia si spostavano a Napoli, ne acquisivano la cittadinanza per godere le prerogative permesse dagli Angioini a coloro che facevano questa scelta e che con il loro operato contribuivano a rendere prospera e grande la capitale. E questo si può capire bene e si può giustificare, ma non toglie che in tal modo la provincia veniva depauperata. Comunque è un’operazione scorretta. Sarebbe stato più bello se quella epigrafe, insieme a tutte le altre parole di elogio e ricordo che re Roberto sentiva di dire al suo fedele, avesse recitato il virgiliano “me genuit” (Solofra me genuit).

Per leggere l’epigrafe rimandiamo alle pagine dedicate a questa famiglia solofrana nel sito solofrastorica.it

Mimma De Maio

 

Da “Il Campanile”, 2009 (XL, n. 9, p. 4)

 

 

La famiglia Fasano di Solofra

 

 

 

 

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