Piccolo mondo antico

 

Si andava sulla Scorza e, strada obbligata, perché unica, era la strettoia di via Landolfi, fecente parte del rione Forna, ove regnavano i Guida e i Pandolfelli, i Ferri e i Guarino, gli Scarano, i Gilibereti, i Borneo.

Capipopolo essi erano. Gli altri (-Arena, D’Onofrio, D’Urso, Pierro, Pirolo, Capezzone, Buonanno, Russo, Giannattasio) erano i sudditi: attendevano le iniziative dei capi, che organizzavano nelle lunghe serate da Maggio a settembre giochi meravigliosi.

Oggi ci si divertiva con “Il campo a cavallo”, domani con “Il fuoco e ti liscio”; mentre ieri il tempo era passato con “I vivi e i morti”, oppure con “I fuggenti e i mariuoli” o con “scravaccapelle”.

A volte si facevano gare di corsa ed il premio per il vincitore era una manciata di frutta di stagione: ciliegie, prugne, pere a seconda della disponibilità di Luigiella. A volte anche fave cotte, che la buona donna aveva cucinato per i suoi clienti. Faceva la “cantiniera”.

Era il nostro piccolo mondo, che certe sere sconfinava nei rioni limitrofi con…. Battaglie, veri combattimenti contro la truppa di altri casati: Balsami, Piazza, Caposolofra, Sorbo. Venivano ripetute le gesta de “I ragazzi della via Paal” e si facevano escursioni nel territori o nemico con grande coraggio e con entusiasmante spirito di corpo.

Facevano parte dell’Italia Littoria, che preparava i suoi figli alle cruenti future battaglie.

Vinceva quasi sempre la Forna, perché con noi c’erano ottimi e baldi capitami. Volavano pietre e i nemici arretravano, si inseguivano i pusillanimi e allora erano pugni, calci e si vinceva.

Queste battaglie avvenivano verso settembre, quando la bella stagione volgeva al termine. Negli altri mesi, quando si era stanchi per il molto agire nella giornata, ci si raccoglieva sugli scalini dell’asilo Garzilli, avanti all’Ospedale, ove Michele e’ stecca narrava storie da “Lu cunto de li cunti” oppure ci si adunava sotto l’androne avanti la cantina di Luigiella, ove il marito Ustino” raccontava, a puntate, la lunga storia di “Guerrino detto il Meschino” o le vicende di Orlando, l’innamorato pazzo. Si gioiva col Guerino, quando dopo lungo peregrinare riusciva a trovare i suoi genitori e tutti si fremeva indignati per il barbaro tradimento di Gano di Magonza.

Allorché non stavamo tranquilli ad ascoltare, nella piazzetta vanti all’ospedale si svolgevano altri giochi e si guardava ammirati il divertimento delle bambine, che facevano il girotondo e giocavano a “T’amo, t’amo la pollaiola”.

Ma spesso lo schiamazzo disturbava i malati.

Usciva allora Santella sul balcone e minacciava vendetta e rappresaglia, che si concretizzavano con il getto di creolina diluita.

Ci chetavamo finalmente ed ognuno raggiungeva le proprie madri, che nel frattempo e dopo le funzioni religiose della Chiesa del Popolo, passeggiavano lungo la discesa che dalla chiesa portava “ “nterra a chella e Rorosa”. Godevano il fresco, raccontandosi gli avvenimenti della giornata.

Quante belle stagioni passate così, mentre all’orizzonte si affacciavano i freddi inverni e si annunziava la bufera minacciosa della guerra.  

 

 

 

 

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