Chiese solofrane 

 

Santa Maria della Consolazione

 

È ubicata nella zona industriale all’ingresso occidentale nel territorio di Solofra per chi viene da Montoro Superiore.

Originariamente sul posto, in località galdo, accanto ad una taverna-fòndaco, esisteva una chiesetta dedicata a San Biagio, infatti la località è anche detta san biagio. Si biforcavano due strade una che conduceva a Solofra l’altra, detta salmentaria, (da sarmenti gruppi di carri che trasportano merci) che saliva, evitando il centro abitato, sul passo di Turci.

La chiesa fu costruita all’inizio del XVIII secolo per voto dei fedeli perché potesse accogliere una immagine della Santa Vergine del XV secolo portata dalla Puglia.

La costruzione iniziò nel 1709, in forme grandiose e nel 1719 il tempio fu aperto alla devozione. Nella fabbrica è inglobata, sul lato, nord la porta di San Biagio facente parte dell’antico edificio.

In attesa della costruzione della nuova chiesa l’immagine fu collocata nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, dove fu istituita una cassa per la raccolta delle offerte.

Molti cittadini mettono in atto varie attività finanziarie per la raccolta dei fondi.

Clemente Morena prende 100 ducati dal Monte dei Landolfi e li consegna al barone Paolo Sarnelli di Bracigliano, abitante ad Avigliano, affichè compra delle vacche vive, le tenga nella sua masseria di Avigliano per poterne ricavare un buon frutto per il bene della Sacra Immagine della Consolazione e per vedere la sacra immagine decorata in un sontuoso tempio (ASA, 1711, 8 aprile, B6770, f. 53v).

Il Barone oltre a partecipare a questa operazione economica partecipò direttamente alla costruzione della chiesa. Anche don Angelo Sarnelli, padre del Beato Gennaro Maria Sarnelli, contribuì con un cospicuo intervento all’opera solofrana. Vale anche segnalare che lo stesso Sarnelli donò a S. Alfonso dei Liguori l’intera baronia di Ciorani che fu la prima Casa Redentorista. Tra Solofra e la famiglia Sarnelli ci furono anche legami familiari dovuti a matrimoni di donne della importante famiglia con notabili solofrani.

(Notizie fornite dalla famiglia vedi http://www.ciorani.it/famiglia_sarnelli.htm)

 

Nel 1754 la chiesa fu già interessata da un ammodernamento e gli ampi pilastri furono decorati da paraste scanalate. In questo periodo l’istituzione possedeva un comprensorio di case ad uso Taverna ed altri beni immobili.

Subì, poi, altri interventi che l’hanno arricchita e impreziosita di marmi e di stucchi e nel 1845 ebbe rifatta la facciata.

Danneggiata gravemente dal terremoto del 1980, è stata chiusa al culto in attesa che termini il consolidamento strutturale e il restauro.

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L’edificio ha un’alta facciata a timpano triangolare, ma di matrice rettangolare, semplice nell’aspetto ed arricchita da quattro paraste scanalate in stucco poggianti su di un basamento in pietra ed unico portale.

Il portale è inserito in una cornice in marmo, al di sopra vi è un ovale con un’effigie raffigurante la Madonna. Il portone d’ingresso è in legno suddiviso in riquadri incisi a bassorilievo.

L’interno è ad unica navata a pianta rettangolare, con due cappelle e due altari laterali, semplice e non molto ricco di decorazioni. Un fornice a tutto sesto e una balaustra in marmo separano la navata dal presbiterio, dove l’altare maggiore, in marmi intarsiati di pregevole fattura, è sopraelevato di tre gradini.

Annessa alla chiesa vi sono la sacrestia e la canonica.

 

Immagini della Madonna della Consolazione 

 

 

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 La tradizione

 

La chiesa era il centro, insieme ad altre, del culto mariano, di un culto che risale all’alto medioevo, di cui ha conservato la tradizione delle Verginelle. Ragazze vestite di bianco si recavano in processione alla chiesa per chiedere il dono della maternità in nome di una sposa che le incaricava della richiesta. Il che comportava, una volta ottenuta la grazia, il ringraziamento che avveniva nello stesso giorno di festa.

Intorno a questa chiesa è legato un fatto tra lo storico ed il miracoloso come per tutti i fatti della tradizione orale.

Prima dell’evento, che stiamo per raccontare, sul posto, ove ora sorge il tempio dedicato alla Vergine della Consolazione, e cioè alle porte del paese, sull’unica via di accesso da ovest, c’era una chiesetta dedicata a San Biagio. Ancora oggi questo santo è venerato nel tempio, in cui si apre una porta detta "porta di San Biagio" facente parte dell’antica fabbrica.

La leggenda racconta, non si sa con precisione ne il giorno, né l’anno. Si dice, dunque, che un mercante, proveniente dalla Puglia con un carico di mercanzie si fermò nei pressi della chiesa per riprender fiato e ristorarsi alla fresca acqua della fonte. Quando fece per riprendere il cammino l’asino non ne volle più sapere. L’animale aveva in una sacca sul dorso una tavoletta di pietra su cui era effigiato il volto di una Madonna. Il mercante non riuscì a muovere di un metro l’animale finché non lo ebbe liberato dalla santa effigie. L’uomo provò più volte a convincere il cocciuto ciuchíno a riprendere il cammino, ma questi lo faceva solo quando il quadro era a terra. Prima dubbioso, poi impaurito il malcapitato abbandonò nella chiesa la pietra. Quel mercante proveniva da Gravina di Puglia, feudo su cui governavano i duchi Orsini di Solofra. In una chiesa di quel luogo pugliese c’è un foro in un muro, in cui esattamente entra la pietra della Madonna della Consolazione.

I solofrani conservarono gelosamente l’immagine della santa Vergine, che potette realmente venire dalla lontana Puglia in virtù dei commerci sempre esistenti tra le due zone, ma anche dei rapporti nati dall’avere i due paesi un unico feudatario.

Questa località nel giorno della festa si ammantava di luminarie, di bancarelle, di gente pia. C’era l’aria di un’allegra scampagnata tra i verdi campi lontani dal paese, prima che la zona fosse interamente trasformata dalle industrie, che ora l’hanno invasa. Fin dal giorno precedente la statua della Madonna, e non la pietra, che è ben incastonata sulla parete dell’altare maggiore, veniva portata nella Chiesa madre, la Collegiata di San Michele e di qui, il giorno seguente, accompagnata in processione fino alla sua casa in fondo al paese. C’era la Banda musicale, il Consiglio Comunale e il Comitato della festa.

 

Lungo il cammino si cantava questa preghiera che ricorda il fatto miracoloso:

 

Mamma Maria che di sabato venisti,

tre vote pa’ via ti ripusasti.

A la chiesa e San Biase ti fermasti.

Tutti li piccaturi raccuglisti,

li brutti li mandasti a lu perfunnu

ricenno: "Pace ’n terra e pace ’o munno".

 

(Madonna mia che di sabato venisti, tre volte ti riposasti, ti fermasti alla chiesa di S. Biagio. Raccogliesti tutti i peccatori: i cattivi li mandasti all’inferno dicendo: Pace in terra a tutto il mondo).

 

Il canto fa da ritornello a questa quartina in cui il fedele dichiara di dire la "parola di Dio" come per dare valore al miracolo che si ricorda nel canto:

 

Lu verbo saccio, lu verbo voglio ricere

lu verbo di Dio nostro Signore

chi lo sape se lo dicesse

chi nun ’o sape s’o facesse ’mbarà.

 

(Il verbo so, il verbo voglio dire, il verbo di nostro Signore, chi lo sa lo ripeta, chi non lo sa lo impari).

 

Frate Mansueto, al secolo Gaetano Liguori, curò per molti anni il culto presso la chiesa.

Nacque il 20 luglio del 1893 da Michele e Maria Luigia Liguori, morì il 16 luglio del 1962.

 

 

 

 

 

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