Chiese solofrane 

 

Sant’Andrea

 

chiesandrea

La chiesa oggi

Sorge i bella posizione nella piazza centrale della frazione omonima di Solofra.

Già esistente dal 1195 nel vicus sancte Agathe, nel feudo di Serino, una piccola cappella, che nel 1309, era governata dal rettore e dall’abate Matteo de Protoiudice di Salerno, coadiuvati dal cappellano Guglielmo da Solofra.

Nel 1443 è detta "parrocchia", ma definita "povera e solitaria, provvista del fonte battesimale". Ne fu rettore dal 1487 il fratello del feudatario, l’abate Giovanni Zurlo, ma la gestione fu degli archipresbiteri di S. Angelo, tra cui Andrea Fasano e Cosma Guarino detto Ronca.

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Dati documentali dall’Archivio Diocesano di Salerno

 

1511, 28 agosto. Nella visita alla chiesa di S. Andrea il relatore annota come "in dicta ecclesia nihil refertum fuit, exepto fonte baptesimali".

1511. Bolla di Ottaviano de Castello di Bologna, vicario generale di Federico Fregoso, arcivescovo di Salerno, che incorpora i beni della chiesa di S. Andrea alla parrocchia di S. Angelo.

1521. È cappellano Cosma Ronca, è rettore Pietro Garzillo, la possiede Giovanni Zurlo. Beni: a lle selvetelle, sotto la grotta dell’acero). 

1590. maggio 13. È eretta nella chiesa di S. Andrea di Solofra la Confraternita del SS. Sacramento.

1620. maggio 7. Viene conferito con bolla arcivescovile a Marcantonio de Caropreso il beneficio ecclesiastico "rectoria concupatum in parochialis ecclesia S. Andreae de Terra Solofrae".

1650. Beneficio di S. Maria dell’Arco in S. Andrea (jus famiglia Ginolfi).

1652-1657. Beneficio dello Spirito Santo presso la Cappella omonima in S. Andrea (jus famiglie Perreca, Guarino, Vigilante).

1656. La parrocchia di S. Andrea è colpita dalla peste da 604 abitanti ne restano 202. Dal 5 luglio 1656 al 4 febbraio 1657 sono annotati 382 morti ob morbum contagiosum [...] et propter morbum praedictum caruit ecclesiastica sepultura, oppure "extra ecclesiam sepultus fuit" vel " ob contagium extra ecclesiam sepultus fuit.

1693. Conferimento del beneficio di S. Maria dell’Arco in S. Andrea al chierico Criscilli.

 1777 (16 febbraio) fondazione della Congrega della SS. Annunziata

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Ricostruita nel 1539 nelle forme attuali e restaurata nel 1633, l’originario impianto subì un successivo ammodernato nel 1875.

Nel 1590 fu eretta la Confraternita del SS. Sacramento alla quale Tommaso Guarini donò la tela Annunciazione.

Nel 1751 sono documentati: la Cappella di S. Maria dell’Arco, che fu in possesso delle famiglie De Maio e D’Urso, un Monte dei morti, la Congregazione della SS. Annunziata e la Cappella dello Spirito Santo.

Nella visita del 1798 fu Parroco don Felice Antonio Grasso.

Immobili: bosco Cigliano (d 9 l’anno); selva Cigliano (d 18); censo annuo di carlini 6 da Pietro del fu Francesco Russo sulla casa paterna.

Mobili e paramenti: una sfera d’argento, una croce d’argento, incensiere e navetta d’argento, due possidi d’argento, due con la sola coppa d’argento, due calici con patena, 4 con la sola coppa e patena d’argento, 2 secchi di rame di cipro, un ternario, una pianeta di lana, sette pianete di vari colori, 9 camici, 20 tovaglie d’altari. Apparati di fiori a tutti gli altari.

Cappelle e oratori: Oratorio sotto il titolo della SS. Annunziata, una cappella sotto il titolo di S. Sebastiano (jus patronato di Cubello Vigilante), 2 sacerdoti, 2 accoliti, 4 novizi.

La chiesa, danneggiata gravemente dal sisma del 1980, è stata consolidata e restaurata sotto la direzione della Soprintendenza alle Belle Arti di Salerno e Avellino.

  

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L’edificio, in stile barocco, si trova in posizione leggermente sovrastante rispetto alla piazza e al nucleo abitato che si sviluppa intorno.

L’ampia facciata con l’antico campanile cuspidato ha timpano superiore triangolare e sotto il cornicione di testata, un finestrone in stile barocco.

Il portale principale con incisa la data 1633, prodotto dagli scalpellini solofrani, è presumibilmente risalente alla prima metà del XVI secolo, data la sua semplice architettura con una leggera trabeazione e due volute in alto.

Sulla sinistra della chiesa vi è un ingresso laterale.

L’interno di forma rettangolare si presenta a navata unica fiancheggiata da sei nicchie contenenti statue di Santi e da quattro altari laterali in marmi policromi: a destra quelli della Pentecoste e della Madonna del Rosario con i rispettivi quadri ad olio, a sinistra gli altari della Madonna dell’Arco e della Madonna dell’Incoronata con rispettive tele ad olio.

Il soffitto, con volta a botte distinta dalle pareti da un cornicione sporgente, è decorato con stucchi e arricchito con tre tele firmate con il monogramma AS cioè Angelo Solimena e datati 1654.

Essi raffigurano La vocazione di Pietro e di Andrea, La moltiplicazione dei pani e l’Apparizione di Gesù agli Apostoli dopo la Resurrezione.

Sulle pareti della chiesa, arricchite con stucchi del XVIII secolo, sono collocate tele ad olio di Francesco Guarini.

Un organo del 1600 rappresenta l’elemento più interessante dell’arredo fisso.

Sul piano del presbiterio sono situati l’ambone e il battistero, entrambi in marmo di provenienza locale.

Il campanile si trova a destra dell’ingresso principale, avanzato rispetto alla facciata della chiesa, è a forma quadrata e tripartita, concluso superiormente da un corpo più piccolo quadrato a spigoli tagliati, dotato di quattro campane e di un orologio.

 

 

Opere

 

In questa chiesa ci sono opere di Giovan Tommaso e Francesco Guarini e di Angelo Solimena che fu il continuatore della bottega dei Guarini.

Sulla parete dell’altare maggiore, sopraelevato di tre gradini rispetto al presbiterio, sono posti:

Il Martirio di Sant’Andrea datato 1642, una delle opere giovanili del pittore santandreino,

Cristo Redentore, dove probabilmente il Guarini si ispirò al grande Caravaggio, la cui tela simile a questa andò perduta misteriosamente, ma dove ci sono anche interventi della sua bottega.

 

Nella navata centrale sono collocate altre tele:

Il Sacrificio d’Isacco, influenzata in parte dal manierismo del padre di Francesco, Tommaso, e, per alcune cadute nella qualità di varie parti, si mantiene nell’ambito della bottega Guarini.

Giuseppe venduto dai fratelli, dove emerge l’educazione caravaggesca del Guarini;

Madonna incoronata con i santi Gennaro e Giuseppe (Madonna di Costantinopoli) datata 15 agosto 1635. Questa tela ha la seguente dicitura:”Anno Dom. 1635, die 15 Augusti. Jeannes Dominicus de Guarinis, sibi haeredibusque suis fieri fecit, dotavit, cum sepoltura et missa in qualibet hebdomada. Franciscus Guarini pinxit”. 

L’oratorio dell’Annunziata ha il dipinto Annunciazione con S. Francesco e due devoti del Guarini e della sua bottega, mentre l’attigua cappella dei beati Sebastiano e Rocco è più antica della chiesa.

La statua di Sant’Andrea apostolo è un’opera pregevole dello scultore Colombo.

Altre opere:

Madonna del Rosario con i Santi Domenico, Caterina da Siena e Agostino, della bottega Guarini ove è possibile vedere la mano del Guarini in molte parti mentre l’impianto è del padre Tommaso.

Madonna con bambino incoronata in trono con San Pio V e un altro santo vescovo (Madonna dell’Arco), della bottega Guarini. La qualità esecutiva in molte parti è sicuramente del Guarini, ma la composizione e numerosi dettagli sono della sua bottega.

Sant’Andrea apostolo, opera di bottega.

Sant’Antonio di Padova con Gesù bambino, opera dalla modesta qualità di esecuzione da attribuire alla sua bottega.

 

Opere di Angelo Solimena:

Moltiplicazione dei pani

Vocazione dei Santi Pietro e Andrea

Apparizione di Cristo agli Apostoli.

Annunciazione

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La tradizione

 

La tradizione di S. Andrea è legata ad un culto diffuso nella zona che si impiantò nell’antico abitato delle Cortine di S. Agata a cominciare dal XII secolo.

Nel 1309 il casale già si chiamava Sant’Agata di sopra ed era abitato in modo intenso tanto che i collettori delle decime pontificie poterono parlare di un casale a con una chiesa retta da un abate e da un cappellano.

La festa al santo fratello di Pietro martire a Patrasso è una festa invernale, tutta chiusa nel piccolo casale che rispecchia un po’ la caratteristica del santagatino che preferisce fare le cose in casa, in un rapporto di opposizione con l’abitato della valle.

La ricorrenza dà l'occasione per uccidere il primo maiale e impegnarsi per i lavori di conservazione della carne, di ricavo della sugna. Le cicale, prodotte dal grasso di maiale, saranno il gustoso ingrediente di pizze di grano, pizze di verdura, minestra nera in umido. Non manca il buon sanguinaccio fatto in casa con pinoli e canditi, mangiato assoluto o in squisite torte e biscotti.

A corona della festa ci sono i fuochi d’artificio che i fuochisti del posto accendevano in onore del santo non senza un pizzico di vanagloria nei riguardi di quelli di Solofra: “Così vedono quello che sappiano fare”, si soleva dire.

La processione del santo giungeva fino alla Carcarella accompagnata da un canto alla Vergine molto antico, del quale non esistono le parole scritte e che la tradizione orale non ha tramandato.

Si è riusciti a recuperare solo il ritornello

0 Maria, salva noi

che si cantava molto lentamente.

 

 

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Per le opere della chiesa v. R. Lattuada, Francesco Guarino da Solofra nella pittura napoletana del Seicento, Napoli, 2000. 

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