Francesco Buonanno di Michele

 

 

 

Michele e Francesco Buonanno sono i due maggiori rappresentanti, padre e figlio, dell'attività conciaria solofrana tra otto e novecento, la cui bottega da impresa artigianale si trasformò per prima in industria, acquisendo metodologie di avanguardia. Appartenenti ad una famiglia che seppe emergere nella società locale stando sempre in primo piano nel cogliere le opportunità del mercato ed anche delle contingenze storiche, come la residenza a Napoli, di un ramo della famiglia, che in antico regime serviva per sostenere proprio il commercio e che nello stesso tempo aprì alle opportunità di quel mercato, di cui i Buonanno furono attenti analisti. La ditta, diretta da Michele (1827-1888), alla Esposizione nazionale dei prodotti del cuoio ed affini del 1884 risultò tra le prime industrie del settore meritando una particolare menzione come migliore industria delle province meridionali. Nelle Esposizioni di Torino del 1889, quando già era diretta da Francesco (1856-1940), in quella di Palermo del 1892 ed ancora a Torino nel 1898 per i suoi prodotti, ottenuti con nuove tecniche di concia e moderni macchinari, e corredati, unici nella rassegna, di un listino prezzi, la ditta si mostrò in grado di competere con le più rinomate concerie nazionali ed estere e di meritare la medaglia d'oro. L'industria, che si qualificava per la sperimentazione della concia al cromo messa in atto con personale specializzato, meritò il favore dei mercati non solo nazionali,  tanto che intensi furono i rapporti con la Francia e la Germania, mentre dagli Stati Uniti giunse l'invito alla Esposizione universale di Saint Louis nel 1904, dove ebbe un prestigioso riconoscimento. Francesco Buonanno non mancò di affrontare problemi legati al rapporto con gli operai da quelli di gestione, a quelli lavorativi, a quelli più squisitamente sociali distinguendosi nel difficile periodo delle contestazioni d'inizio secolo per la vicinanza ai loro problemi. In questo campo anzi la ditta, che dai 200 operai della fine del secolo era passata ad averne 300, si qualificò con una gestione all'avanguardia se si pensa che le maestranze nei locali della conceria seguivano persino dei corsi di alfabetizzazione. Lungo tutta la prima metà del Novecento la ditta continuò ad essere tra le prime nel panorama industriale del Meridione affrontando i cruciali problemi legati ad un settore in rapido cambiamento. Francesco, che fu da consigliere e da sindaco per molti anni alla guida della cittadina, profuse un impegno fattivo nel risolvere i problemi legati alla industria del cuoio come quello dell'inquinamento delle acque e nel fornire la cittadina di quelle strutture (sistema viario, elettricità, scuole) in grado di favorirne il decollo industriale.  Per questo impegno meritò la nomina a Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia e dell'Ordine di Malta e alla sua morte si ebbe chiara la sensazione che la sua industria dava un esempio di gestione che previene i tempi, mentre l'industriale aveva dato una spinta alla struttura artigiana locale affinché fosse stata in grado di cogliere le sfide della modernizzazione.

 

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Parlano di questa ditta o dei suoi protagonisti:

AA. VV., Studio delle pelli conciate alla Esposizione generale italiana di Torino del 1898, Torino, Biblioteca del conciatore a cura del giornale "La Conceria", 1900, pp. 40-46; Il "Roma" di Napoli, 5 febbraio 1888; Il "Giornale del procuratore", 5-6-7 febbraio 1888; "La sentinella irpina", 4 febbraio 1889; A. Giliberti, Elogio funebre per Michele Buonanno, Napoli, 1889; "Le rane", periodico solofrano, agosto 1913, novembre 1917; F. Garzilli, La Collegiata di San Michele Arcangelo di Solofra, Napoli, 1989, pp. 91, 122, 126, 200; V. D'Alessio, Storia della concia, voll. I e II, Solofra, 1989 e 1994; www.solofrastorica.it

 

Questo testo si trova nel Dizionario Biografico degli Irpini, Sellino, Avellino.

 

 

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