Ciclo guariniano di S. Agata

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Tele del soffitto della chiesa parrocchiale di S. Agata Irpina in Solofra

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Martirio di S. Agata: il taglio del seno

Opera di crudo realismo incentrata sulla scena del martirio che è in piena luce ambientata in uno spazio aperto cosa nuova nella pittura dell’artista mentre i torturatori (un dignitario in turbante che incoraggia gli aguzzini, l’uomo che affila la roncola, i due soldati a sinistra e i due contadini a destra) con un’espressione ghignante si intravedono appena. (Lattuada)

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Martirio di S. Agata: il supplizio delle braci ardenti

Una scena violenta concentrata su pochi personaggi. In piena luce la santa, le figure intorno (una che soffia sui carboni ardenti, uno uomo che dal fondo porta un canestro con il carboni, due aguzzini stupiti di fronte al coraggio della vergine) in controluce. (Lattuada)

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La cattura di S. Agata (1637-1640)

 

Tra le opere meno interessanti del ciclo, presenta lo stesso andamento incerto. Il raffronto con le opere guariniane dei due Martiri della vergine rende chiaro quali fossero i rapporti di qualità tra l’artista e la sua bottega.

 

Bottega di F. Guarini

S. Agata insidiata da Quinziano (1640)

Il dipinto narra il tentativo del console romano di attrarre nel suo letto in una tenda da campo Agata che si oppone con una tipica gestualità da disputa teologica enumerando sulle dita le ragioni del suo rifiuto. Il quadro è tra le ultime opere del soffitto della Chiesa di S. Agata per il tentativo di impreziosire la gamma pittorica e il gusto delle stoffe sontuose e lucide, raffigurate i pieghe elaborate come avverrà per le opere dell’ultimo periodo. Il volto della santa mostra una ripetizione meccanica di disegni prodotti da Guarini e riutilizzati dalla sua bottega. Così pure il movimento dello scialle ripreso dalla Santa Cecilia. (Lattuada).

Bottega di F. Guarini

 

 

S. Agata visitata in carcere da S. Pietro (1637)

Luce ed ombra sono usati in modo vigoroso e drammatico per delineare la scena: la santa in piena luce, gli abiti e il profilo barbuto di S. Pietro, quello dell’angelo, le figure che dormono sul pavimento.

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S. Agata nel lupanare di Afrodisia (1640)

Il dipinto, che narra il tentativo della vecchia Afrodisia di indurre Agata alla prostituzione, resta interessante per alcuni elementi compositivi che torneranno nella maturità dell’artista come La natività della Vergine: la disposizione di profilo di Agata, la porta della stanza aperta che la lascia vedere lo stesso dettaglio del dipinto alla parete, i colori sgargianti. Molte parti sono della sua bottega. (Lattuada).

Bottega di F. Guarini

 

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La traslazione delle reliquie di S. Agata (1640)

 

Siamo di fronte ad una delle varie traslazioni delle reliquie della santa protette dal baldacchino steso dai cherubini. I caratteri stilistici sono accostabili alle opere della Collegiata. (Lattuada).

 

Bottega di F. Guarini

S. Agata flagellata al palo (1637)

Timidi segni di una cultura più moderna rispetto alla scuola tardo-manieristica della bottega di Tommaso Guarini sono nelle tre figure a destra sullo sfondo, ma la qualità esecutiva del dipinto è inficiata da molte lacune. (Lattuada).

Bottega di F. Guarini

 

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L’angelo visita il sepolcro di S. Agata (1640)

Le figure in primo piano hanno un richiamo, ma su livelli molto modesti, di alcune tele della Collegiata.

Bottega di F. Guarini

 

 

Ciclo guariniano di S. Agata

seguito

 

 

 Cfr. R. Lattuada, Francesco Guarino da Solofra nella pittura napoletana del Seicento, Napoli, 2000.

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