La superficialità dell’Aismez nel parlare di Solofra

 

 

Per questo consorzio, che lavora per i Comuni italiani, Solofra è quella della fine dell’Ottocento

 

 

Giuseppe Pennetti fu un ingegnere, giornalista e cultore di studi irpini vissuto a cavallo tra XIX e il XX secolo. Egli pubblicò sui giornali dell’epoca “La Sentinella irpina”, “La Provincia” e “Il popolo irpino”, dal 1888 al 1895, dei Profili storici sui paesi dell’Irpinia. Il profilo su Solofra (del 1° agosto 1889) fu ospitato e pubblicato sul n. 30 del 3 agosto dello stesso anno de “La sentinella irpina”. E qui se ne riportano degli stralci in copia.

 

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Sarà stato bello per i solofrani leggere, in quel lontano 1889, quando da poco era terminata la travagliata ferrovia (Laura-Solofra-Avellino) che aveva portato il treno a Solofra, le parole iniziali dell’articolo, che presentano la “verde campagna cosparsa di tanti paeselli, bianchi, puliti, gai”, e chissà se furono dalla parte di chi pensava a “questi paeselli uniti in una bella città” o dalla parte del giornalista che preferiva non far perdere a Solofra “l’aspetto gaio e variato” che allora aveva. Il testo continua, come si può vedere, fornendo alcuni dati storici che lo stato della ricerca dava a quel tempo.

 

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Come si vede sono dati solo elencati e che si limitano ai documenti pubblicati nei primi otto volumi del Codice Diplomatico Cavense (1893).

 

Dopo di allora le conoscenze sulle vicende storiche di Solofra si sono arricchite di altri dati: nel 1931 fu dato alle stampe il Codice Diplomatico Salernitano; nel 1956 ci fu la pubblicazione dei documenti scandoniani; nel 1977 fu pubblicato il documento della “pieve di S. Angelo e S. Maria del locum Solofra”; dal 1977 al 1993 si ebbero i volumi del Codice Diplomatico Verginiano; nel 1984 e nel 1990 furono pubblicati altri due volumi del Codice Diplomatico Cavense; nel 1989 si conobbero gli Statuti solofrani. Altri documenti hanno visto la luce in varie pubblicazioni di studiosi locali e non.

 

Vale infine sottolineare che dal 1997 Solofra ha una raccolta completa di tutti i documenti cartacei che riguardano la sua storia pubblicati fino al XIII secolo (M. De Maio, Alle radici di Solofra, Avellino), che a luglio del 2000 (M. De Maio, Solofra nel Mezzogiorno angioino-aragonese) la raccolta è giunta alla fine del XV, a cui si è aggiunto il regesto, completamente inedito, degli atti notarili del 1521-1522 (635 documenti) e del 1523-1524 (426 documenti), che fanno emergere in questo paese, già all’inizio del Cinquecento, una realtà artigiano-mercantile, con una grande varietà di tecniche concianti, di prodotti conciati e di attività, unica nel Mezzogiorno.

 

A questi ricchi apporti di documenti cartacei si devono aggiungere quelli archeologici: i ritrovamenti delle villae romane e soprattutto, negli anni 70, in due momenti differenti, l’importante ritrovamento delle tombe sannite risalenti fino al periodo arcaico (tutti ben documentati negli studi di Francesco Guacci e di Vincenzo D’Alessio) che hanno permesso di spostare l’inizio della storia di Solofra a quel periodo.

 

Naturalmente il povero Pennetti nel 1889 non poteva conoscere tutti questi dati. Egli non avrebbe però mai immaginato che nel 1997 il suo articolo sarebbe stato interamente riportato in un libricino de “Il Giornalibro. Un paese dell’Irpinia ogni domenica” (18. Solofra. S. Agata di sotto, S. Andrea Apostolo e casali, edizione Arturo Bascetta, Pietrastornina), nella sezione “La storia”. Forse l’autore, che ne dichiara l’”adattamento da Giuseppe Pennetti”, ha voluto fermarsi con la storia a quel secolo, come si legge nella presentazione e cioè di “aver voluto offrire ai solofrani uno scorcio di vita ottocentesca”.

 

 

Il fatto è che questo stesso testo, dico il testo integro dell’articolo apparso nel 1889 su “La Sentinella irpina”, si trova ora pubblicato nientemeno che in una pagina web della rete civica di Solofra, curata dal consorzio Aismez.

 

Ecco cosa dice una parte di questa pagina:

 

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Sono le stesse identiche parole del testo di Pennetti del 1889.

 

Anche internet si è fermata, per l’Aismez, alla fine dell’Ottocento.

 

Ma questi autori dell’Aismez sono mai venuti a Solofra?

 

 

La sezione di queste pagine web dal titolo “La sua Storia. Introduzione” ignora completamente che a Solofra c’è un’altra galleria, quella autostradale del monte Pergola, che ne percorre il territorio da est ad ovest e che permette al viaggiatore di osservare una conca completamente occupata dall’abitato e da un’importante zona industriale, segno entrambi dell’esplosione di un’attività, di cui giustamente il solofrano è orgoglioso e che è il suo segno distintivo perché autoctona.

 

Vale la pena sottolineare che lo stesso sito della rete civica, in altre pagine riporta i traguardi della realtà economica, abitativa e demografica solofrana che contrastano in modo schiacciante con la descrizione dei «paeselli che compongono Solofra» sparsi nella conca.

 

Un’altra sezione dello stesso sito col titolo “Un po’ di storia” riporta la seconda parte dell’articolo del 1889, dove è chiaro che i dati storici sono fortemente lacunosi perché non tengono presente tutti gli apporti posteriori citati sopra.

 

Infine bisogna denunziare che lo stesso testo si trova, scorporato da quello principale, in un sito web a parte, dal titolo “In po’ di storia di Solofra”, con grave danno e decremento dell’immagine della nostra cittadina.

 

Pennetti non poteva sapere tutto ciò, ma lo dovevano sapere i compilatori della rete civica solofrana, appunto del Consorzio Asmez, che pure saranno passati per la conca, certo non con la ferrovia, e certamente non vi avranno visto i paeselli sparsi e di sicuro avranno notato la zona industriale e la densità abitativa (tra i dati dello stesso sito risulta che Solofra ha una densità abitativa di 509 abitanti per chilometro quadrato).

 

Ma come è avvenuto tutto ciò? Presto detto. Il Pennetti in quel lontano scorcio di Ottocento raccolse i suoi “profili” in un album sulle cui pagine incollò, per ogni paese, il trafiletto di giornale accanto al quale apportò delle correzioni e delle aggiunte gradatamente che procedevano i suoi studi o delle notazioni circa la fonte delle notizie (lo si può vedere nei due stralci posti sopra). Quell’album, che è presso la Biblioteca Provinciale di Avellino e ha l’articolo su Solofra indicato col numero CX, alle pagine 333-335, è facilmente accessibile a tutti, agli studiosi, che sanno valutare la portata storica delle affermazioni ivi contenute, e ai frettolosi compilatori di una pagina web o di un libretto propagandistico, che magari debbono fare la stessa cosa per gli altri Comuni della provincia.

 

Infine devo dire che mi sono rivolta, via e-mail, per ben tre volte al Consorzio Asmez sollecitando di apportare le dovute correzioni (ho proposto anche un breve testo sostitutivo di quello antico o di accedere al sito solofrastorica.it per ogni necessario aggiornamento, senza avere alcuna risposta e senza che cambiasse qualcosa.

 

Per l’ultra moderno mondo di internet tutto è rimasto a centoventi anni fa, eppure il sito, come si dice alla stessa pagina, “è accessibile da ogni parte del mondo”.

 

(da un articolo su “Il Campanile”)

 

 

 

 

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