Chiese solofrane

 

San Domenico Soriano

 

 

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Sorge sulla piazzetta omonima, in cui confluiscono due viali alberati cittadini, via Casapapa e viale Regina Elena o San Domenico, e da cui parte via Giuseppe Maffei.

 

 

 

Fu edificata per volere della feudataria Dorotea Orsini, vedova di Pietro. È espressione della devozione e della munificenza degli Orsini, soprattutto di Dorotea e successivamente del nipote Vincenzo Maria, il futuro Papa Benedetto XIII.

 

La costruzione della chiesa, per il cui mantenimento la feudataria lasciò una dote in terreni e danaro chiedendo di esservi sepolta, cominciò nel 1644, dopo varie dispute legali perché fortemente osteggiata dagli altri Ordini monastici presenti sul territorio e dopo decreto arcivescovile e parere favorevole della Congregazione cardinalizia.

 

 

Dati documentali

 

1644. Iniziano le trattative per la fondazione del Convento del PP. Domenicani a Solofra a cui è destinato P. Vincenzo Candido, Vicario Generale dell’Ordine con Francesco Giacinto dei Gavoti. In data 1° aprile l’Arcivescovo di Salerno dà il consenso con decreto a firma di Giulio Pepoli vicario generale. (Archivio Domenicano, Conventus Italiae, S. cart. XI 158, in Crisci-Campagnna, pp. 531-532). 

1646, novembre 29. Parere favorevole della S. Congregazione dei Cardinali sopra gli affari dei vescovo. Il convento dovrà essere abitato da 12 frati di cui uno addetto come lettore dei casi di coscienza da spiegarsi ai fedeli gratis e tenersi a loro disposizione. Il convento deve essere della Congregazionne "de Gavoti" cioè dei Domenicani più osservanti. (Archivio Domenicano, Conventus Italiae, S. cart. XI, 158. In ivi).

1650, marzo 16. Il Priore in una relazione afferma che il Convento è stato principiato sotto il titolo di S. Domenico Soriano dell’Ordine dei Predicatori in luogo aperto, lontano dall’abitato 20 passi. Vi è una chiesa di recente costruzione sotto il titolo di S. Domenico, di struttura quadrata con atrio avanti. Vi è attigua una casa con due camere dove abitano un padre e un laico professo che assistono alla costruzione del convento. (Archivio Domenicano, Conventus Italiae, ibidem).

1652, aprile 14. Il Convento di S. Domenico riceve per il 1651 tra le partite di introito 600 scudi dal Convento di S. Severino, 100 da una masseria in vino e vettovaglie ed è detto "noviter construendo". (Archivio Domenicano, Conventus Italiae, ibidem).

1652, ottobre 22. Innocenzo X il 15 ottobre dichiara la soppressione dei piccoli monasteri. Tra questi la Sacra Congregazione deputata dal Papa per definire lo stato dei monasteri dichiara il 10 dic. Che nella diocesi di Salerno rimangono soppressi i Domenicani in Solofra. (ADS, Fondo Seminario, I Scritture del Seminario di Salerno, A f. 99. In A. Crisci, Il Cammino della chiesa salernitana nell’opera dei suoi vescovi, Napoli-Roma, 1977, p. 43).

1652-1657. Lite tra don Giovan Sabato Landolfo e i Padri Domenicani per il possesso di una selva. Massenzio de Donato impedisce che i Domenicani costruiscano un ospizio sul terreno denominato S. Nicola. (ADS, ibidem).

1653. Del Convento di S. Domenico risulta già pronta un’ala sufficiente però appena per qualche padre, per cui si richiede la preparazione urgente di abitazioni per i dodici frati. (Archivio Domenicano, ibidem).

1654, gennaio 26. Il Convento di S. Domenico di Solofra "per cause ragionevoli fu reintegrato da Sua Santità al primo stato regolare" e di nuovo concesso all’ordine, sottoposto però alla giurisdizione dell’Ordinario del luogo, come delegato della Sede Apostolica. (Archivio Domenicano lib. A, p. 265, ibidem, Bullarium ord. Praedic., t. VI, 169).

1665, luglio 4. Convenzione tra i Canonico della Collegiata e i Padri Domenicani di Solofra in occasione della morte della Domina Dorotea Orsini duchessa di Gravina e principessa di Solofra sepolta nella Chiesa di S. Domenico dei detti padri in cui per volontà della defunta per le cere dei funerali tanto della duchessa quanto di altri funerali futuri saranno versate al Capitolo della Collegiata o ai Padri agostiniani la quarta parte come è anche scritto nell’atto di fondazione del Monastero. (Atto per mano di M. Antonio Giliberto, 6 luglio 1665, in Campione p. 620. Archivio Collegiata di S. Michele Arcangelo).

1659, febbraio 21. La Sommaria ordina alla Regia Udienza di Principato Citra e al Governatore di S. Severino di far pagare dal Sindaco e dagli Eletti dell’Universitas di S. Severino, al monastero di S. Domenico di Solofra ciò che è dovuto di d 10.000 fra capitale ed interessi. (ASN, Partium Collaterale, v. 522, f. 3).

1660, agosto 28. Viene dato il regio Assenso all’Universitas di Solofra affinché doni al monastero di S. Domenico di Solofra la "scorretura" delle acque delle concerie site nel casale di Caposolofra. (ASN, Decreto Collaterale, v. 143, f. 149t).

1670. Epigrafe. A. D. MDCLXX D. O. M. Hoc opus Pie Fecit.

 

 

 

 

Nel 1650 iniziò la costruzione del Convento sotto il titolo di San Domenico Soriano dell’Ordine dei Predicatori e nel 1652 fu dotata di alcuni beni, ma nello stesso anno, ancora in fase di costruzione fu soppresso, poi nel 1654 "fu reintegrato" e di nuovo concesso all’Ordine.

 

Il titolo attribuito a questa chiesa deriva dal culto domenicano per il quadro miracoloso di San Domenico, conservato a Soriano (Vibo Valentia). Il miracolo avvenne nel 1530 e il culto del quadro divenne molto popolare soprattutto nel XVII secolo, attraverso i racconti dei Padre predicatori (da Enzo Romeo).

 

All’inizio del XVIII secolo vi si stabilì la Confraternita del Salvatore che ne gestiva il patrimonio costituito nel 1754 da sette beni immobili, diversi crediti conservativi e 34 crediti in capitali.

 

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Il bellissimo portale

La facciata, fu completata nel 1686 con l’aggiunta del portale e dell’epigrafe:

Hoc Opus Lapidem Erectum Fuit. Prioratus Epostome, Solofrae A.D. 1686

 

La chiesa, ha subito varie trasformazioni e alterne vicende tanto che poco è rimasto di originale. Fu restaurata e riaperta al culto nel 1837 ed ebbe l’assegnazione dall’Arcivescovo Marino Paglia di un rettore.

Nel 1875 fu usato come Cimitero fino al 1892.

Accolse negli anni settanta del XIX secolo le lapidi e i monumenti tombali dell’abbattuto monastero di S. Agostino, mentre il monastero fu adibito a carcere mandamentale.

Gravemente danneggiata dal terremoto del 1980, è stata sottoposta a lavori di restauro, durante i quali sono state rinvenute varie epigrafi, di cui una datata 1670.

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La chiesa e il convento quando si trovava ancora in località di campagna

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I Domenicani furono soppressi il 13 settembre del 1809.

L’ordine si soppressione fu annunciato all’arcivescovo di Salerno dall’Intendente del Principato ultra G Mazas che riferisce un decreto del re di Napoli (Napoleonici) che ordina la soppressione dei vari ordini religiosi. Si permette che rimangano aperte le chiese che vengono frequentate dal popolo. Gli abitanti di Solofra chiedono che resti aperta la chiesa dove accorrono tutti i fedeli del rione Caposolofra che a seguito dell’alluvione del il 22 gennaio del 1805 era rimasto senza chiese. (La richiesta viene avanzata dal sindaco Felice Antonio Garzilli e dai decurioni: Felice Antonio Giliberti, Vito Vigilante, Gioacchino Giliberti, Felice Antonio Fasano, Giuseppe Rossi, Giacinto Landolfi, Bartolomeo e Michele Grimaldi. Si chiede di affidare le chiese ai Canonici della Collegiata e non a don Serafino Garzilli perché legato al governo Rivoluzionario del 1799 ed esiliato in Francia. Con real decreto del 4 novembre del 1809 si stabilisce di nominare un rettore coadiutore che abbia cura della chiesa e amministri le elemosine. Il 28 dicembre 1809 il vescovo annunzia al Mazaras che il decurionato aveva eletto l’8 dicembre il canonico che aveva in cura il casale di Caposolofra avrebbe esercitato nella chiesa di S. Domenico il canonico Papa e vice rettore il canonico Grimaldi i quali chiederanno all’Intendente gli arredi e i vasi sacri . Il 13 gennaio del 1810 il gran giudice del ministero prega l’Arcivescovo di ordinare al rettore di accollarsi ogni responsabilità della gestione della chiesa (ADS, Benefici e Cappelle, 1771-1844, B/234).

 

 

 

Nel XIX il Convento fu adibito a Casa circondariale.

Durante la prima guerra mondiale la chiesa fu occupata ed adibita a deposito. Nel 1921 fu riaperta al pubblico ed affidata al sacerdote Enrico D'Alessio che la tenne fino al 1950, quando l'Arcivescovo di Salerno ne affidò la cura ai Padri Giuseppini di Asti, mentre il Comune concesse loro l'uso del Convento per 99 anni.

I Padri Giuseppini furono i primi ad introdursi nell'Italia Meridionale ed usarono il Convento per la educazione dei giovani.

 

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Il cortile interno al tempo dei Giuseppini

 

Il sisma del 1980 interruppe il culto nella Chiesa mentre le pratiche religiose si svolsero in un prefabbricato nel cortile dell'Istituto S. Giuseppe.

Al recupero della chiesa si impegnarono padre Vittorio Graziani, padre Aldo Falconetti e padre Vincenzo Telesca.

La chiesa fu aperta al culto il 19 dicembre del 1987 da Guerrino Grimaldi Arcivescovo di Salerno.

 

 

 L’edificio inizialmente di struttura quadrata con atrio avanti e con due camere attigue è a pianta rettangolare allungata in direzione nord-sud con porta sul lato meridionale.

La facciata ha un portale che è l’elemento che dà vita a tutta la costruzione, inquadrato da piedritti ed architrave in pietra sul quale vi è uno stemma con il simbolo di San Domenico. Alla base sono scolpiti due leoni in rilievo frutto dell’arte degli scalpellini solofrani.

Al di sopra c’è un timpano triangolare aperto nella parte superiore ed occupato da una nicchia illeggiadrita da volute di stucco che reca l’immagine della Vergine del Rosario.

L’interno è ad unica navata con pianta a croce latina e copertura con volte a botte. L’incrocio del transetto con la navata è coperto da una cupola con quattro finestre ovali.

Sulle pareti laterali vi sono dieci edicole votive realizzate a devozione di altrettante famiglie solofrane ed arricchite da statue e quadri.

L’edicola del Rosario apparteneva ai Maffei, l’edicola di S. Nicola ai Pandolfelli, quella di S. Caterina ai Pirolo, di S. Filomena e il Carmine ai Giannattasio, di S. Tommaso agli Scarano, di S. Martino ai Vigilante, di S. Maria della seggiola ai Garzilli, della Maternità ai Murena.

 

In prossimità del presbiterio, addossato ad un pilastro sul lato sinistro, vi è il pulpito in legno con decorazioni barocche.

L’altare maggiore, in marmo policromo con pregevoli putti in capoaltare di bottega napoletana della fine del ’600, delimitato da una balaustra in marmo, è un pregevolissimo lavoro di scuola vaccariana.

Gli altari minori in pietra rossa provengono dalla distrutta chiesa di S. Agostino in Solofra.

Ai lati del transetto vi sono due altari patronali sormontati da pregevoli tele. A sinistra, un capolavoro di Francesco Guarini, eseguito fra il 1644 ed il 1649, e restaurato nel 1744, che rappresenta la Madonna del Rosario.

L’edicola del Rosario appartiene ai Maffei, quelle di S. Nicola ai Pandolfelli, di S. Caterina ai Pirolo, di S. Filomena e della Madonna del Carmine ai Giannattasio, di S. Tommaso agli Scarano, di S. Martino ai Vigilante, di S. Maria della Seggiola ai Garzilli, della Maternità ai Murena

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Nel dipinto il Guarini, ormai pittore di corte degli Orsini, presenta uno straordinario ritratto di Dorotea in preghiera in ginocchio davanti alla Vergine del Rosario con i Santi dell’Ordine, il Papa e il Vescovo di Salerno Fabrizio Savelli. Il dipinto restaurato fu esposto nel 1987 nella mostra antologica del Guarini a Padula.

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A destra c’è la tela di Francesco Solimene, rappresentante la Visione di S. Gregorio taumaturgo o San Cirillo di Alessandria, databile intorno al 1680.

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È uno dei primi dipinti del pittore originario della zona, nato a Canale di Serino nel 1657 e figlio di Angelo, anch’egli pittore. Il quadro ha come soggetto il dogma della verginità di Maria dopo il parto. Vi viene rievocato il Concilio di Efeso del 330 quando, sconfitte le tesi di Nestorio, fu definitivamente sancito il dogma mariano. A fondamento di questa tesi è il Vangelo di Giovanni il quale appare a San Gregorio o a San Cirillo per indicargli la Sacra Scrittura come fonte. L’iconografia non è nuova, essa ricalca precedenti dipinti di Massimo Stanzione e dello stesso Angelo Solimena a Gravina in Puglia del 1657. Molto interessante è il blocchetto in finto marmo retto dai due puttini dov’è raffigurato lo stemma degli Orsini con accanto un pastorale. È evidente il collegamento con la committenza di Pier Francesco Orsini, nominato arcivescovo di Benevento nel 1675.

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Nella navata sono poste altre quattro tele settecentesche di bottega locale tra cui quella di Sant’Egidio, firmata da Giuseppe Guarini, fratello del grande Francesco e datata 1659.

Il cenotafio neoclassico del Teologo Pandolfelli agostiniano, fu eretto dalla famiglia verso la fine del XIX secolo. Epigrafe: Ut moriens viveret vixit ut moriturus.

 

Il Convento è a forma rettangolare. Un lato appoggiato alla chiesa, gli altri sono a due piani. Il lato sud è prospiciente la strada. Il lato nord costeggia il cortile interno. Il lato ovest, anch’esso lungo la strada, è sostenuto da robusti contrafforti di pietra squadrata. Il piano terra dalla parte interna è percorso da un ampio porticato con colonne di pietra locale a forma quadrata con basamento e capitelli molto semplici, gli archi sono a tutto sesto con lesene decorative. 

 

La tradizione

 

Diverse erano le feste religiose legate a questa chiesa.

All’inizio del Novecento vi celebravano la processione del Corpus domini, la Novena di Natale, i Quindici martedì di S. Domenico, i Sette venerdì di S. Vincenzo e i 15 sabato del Rosario con la relativa festività. 

Importante era la festa di S. Rita con la benedizione degli animali e delle rose. In questa ricorrenza l’altare della santa si riempiva dei fiori dei più bei roseti solofrani i cui petali benedetti andavano ad appassire tra le pagine di un messale o di un libro di preghiera, sotto il guanciale di un infermo o tra le sacre reliquie di un cassetto. Sul sacrato o nel cortile del convento, invece, gli animali si presentano alla sua benedizione. Erano sempre tanti con i loro carretti o con i calessi. Poi furono sostituiti dalle automobili.

 

Ecco la testimonianza di un’altra festa, quella di San Nicola:

 

Nei giorni 11 e 12 corrente avremo, nella chiesa di S. Domenico la festività in onore di S. Nicola Tolentino. Essa riuscirà certamente splendida sia per le artistiche luminarie del Viale Elena, eseguite dal bravo artista Ernesto Monaco, sia per l’intervento del rinomato Concerto Musicale di Alesano (Lecce), diretto egregiamente dal maestro Falicchio. Terrà il pergamo il rev. D’Arienzo (da "Le rane", novembre 1907).

 

 

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un lungo iter attraverso i secoli.

 

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