Chiese solofrane

Santa Maria del Soccorso

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La chiesa di Santa Maria del Soccorso sorge nell’odierno rione Toppolo su una balza del monte che domina il corso del torrente Liarvo, che è un apporto idrico del torrente delle Bocche, detto anticamente Fiume (ora Solofrana). L’antica località, chiamata passatoia, fu abitata in età preistorica da gente di cultura appenninica e costituisce il luogo da cui si accedeva al Casale delle concerie.

 

 La chiesa con sulla destra il tiglio, censito tra i monumentali alberi d’Italia.

 

Fu edificata nel XVI secolo dalla famiglia Garzilli dominate nell’allora casale Fiume, il rione delle contrarie, in località passatoia, in un luogo campestre tra selve di castagni e cerze lungo la via che a mezza costa raggiungeva il casale.

Essendo patronale la chiesa servì a sostenere le finanze del casato che la possedeva col diritto di eleggervi il sacerdote. 

A metà del XVIII secolo la chiesa possedeva 4 beni immobili, diversi crediti in capitale ed era tenuta dal sacerdote Felice Garzilli. Era sede di una Arciconfraternita.

 

Subì una restaurazione nel 1791 quando il cappellone di sinistra fu arricchito del quadro dell’Immacolata Concezione con Camillo de Lellis e Andrea di Avellino, mentre quello di destra, del Crocifisso, fu restaurato dagli eredi del fu Paolo Garzilli

Fu restaurata in varie epoche, tra cui quella del 1875 ad opera della Congrega della Carità.

Dice un’epigrafe sull’altare maggiore:

 

Ex lettuali aegritudine ope dei parae de Succurso ad incolumitatem restitutus, Angelus Antonius Trerotola alt. Sac. marm. vovi L. MDCCCLXXII

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L’edificio, a pianta rettangolare con ingresso sul lato occidentale, è posto in posizione dominante su una balza del terreno, ha dinanzi un breve sacrato, protetto da una cortina muraria, cui si accede da due scalinate laterali.

La facciata lineare e semplice, con piccoli contrafforti laterali, ha un portale in grossi blocchi di pietra sormontato da un finestrone semicircolare.

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L’interno, di non grandi dimensioni e arricchito di semplici elementi decorativi, ha il soffitto piano interamente affrescato in arte barocca. Quattro finestre danno luce all’ambiente.

Su un soppalco sopra il portone d’ingresso è posto il coro.

Dal presbiterio si accede alla sacrestia, posta in un locale di forma quadrata e di modeste dimensioni sottostante la torretta campanaria.

Su entrambe le pareti laterali vi sono due nicchie e due altari in marmi policromi e tele della fine del XVIII secolo. L’altare principale, in marmi intarsiati, ha lo stemma gentilizio della famiglia Garzilli.

Sull’altare maggiore è conservata la tela raffigurante la Vergine del Soccorso con Bambino fra i Santi Lucia e Rocco di Giuseppe Guarini, fratello di Francesco, racchiusa in una cornice dorata, in stile barocco, della bottega del padre di Giovanni Tommaso.

Accanto all’altare principale si ammira uno splendido crocifisso ligneo del 1727, opera di Giacomo Colombo, restaurato nel 1887 dallo scultore napoletano Luigi Avallone.

 

 

 

Era sede di una tradizione importante 

Tra le feste mariane, dopo quella della Castelluccia, per ricchezza di significato e di elementi di tradizione. è d’uopo ricordare quella della Madonna del Soccorso. anch’essa una festa estiva, anch’essa una festa in campagna. Siamo in una località sita al punto opposto della valle rispetto alla Castelluccia, Passatoia, lungo l’alto corso del  Solofrana”, ai piedi del magnifico Monte Garofano. 

Tra castagneti rigogliosi e secolari sorge, una volta isolata e romita, la chiesetta cui fanno ombra due frondosi tigli. È il centro religioso del rione Toppolo, sede delle antiche concerie. La zona, che accolse in epoca preistorica un insediamento di pastori appenninici, a mo’ di collinetta, è ben delimitata e difesa da due corsi d’acqua che si uniscono proprio nei pressi. E come tutti i rioni che hanno accolto un’antica vita. anche questo ha la sua fede e la sua tradizione. 

La cura della chiesetta è demandata alle famiglie del rione, che organizzano la festa e tutti i riti ad essa legati. Essa è l’espressione massima del rione delle concerie, il suo manifestarsi agli altri rioni del paese. Secondo il calendario la festa ricorre il 22 giugno. In questa occasione l’estate è appena entrata per giustificare una novena serale che è motivo delle prime passeggiate sui monti. Per i giovani era anche motivo per ringraziare la Vergine della promozione a scuola, naturalmente per coloro che avevano la fortuna di studiare. La festa grande era però demandata alla prima domenica di agosto, quando l’estate avanzata rendeva possibile una lunga sosta serale tra gli alberi. 

L’ampia zona montana, che si estendeva in lieve declino dietro la chiesa fino a perdersi tra i folti castagneti, addobbata con festoni e luminarie, ricca di bancarelle, allietata dalla immancabile musica della banda, accoglieva, la sera, i gruppi familiari su panche di legno o sull’erba intorno al rosso e fresco melone (anguria), alle melenzane alla parmigiana, al pane, al provolone e alle sopressate nostrane, conservate con cura fino a quella data un po’ tarda per un prodotto genuino e paesano. Il tutto innaffiato con buon vino. Correvano i commenti del giorno della festa e immancabilmente si parlava dei fortunati alla pesca. Legata a questa ricorrenza c’era, infatti, una lotteria, che metteva in palio vitelli pecore, o altri capi di bestiame ai molti possessori dei biglietti la cui estrazione avveniva nella mattinata della festa. Era d’uopo poi festeggiare i fortunati la sera, dopo il rito religioso, e che questi bagnassero la vincita.

 

La festa della Madonna dei Soccorso ha il suo documento tratto da "Le Rane":

 

Quando si festeggia, lassù, la bella Madonna che mostra da un lato il diavolo che paventa, e dall’altro l’anima pargoletta, che aggrappata alle sue maternali ginocchia, implora soccorso e protezione, è una tenerezza accorata, è una gioia malinconica, è un arcano rimpianto che occupa allora invincibilmente il cuore e getta sul pensiero un velo di mestizia, mestizia che si fa più intensa, mentre più intorno alla sacra collinetta incalza fragoroso il flutto della musica, e tra pianta e pianta traspaiono le fiammelle dei doppieri e sotto le sparse tende conteste di frasche cresce A chiasso dei beoni, e nell'ora più strana della notte, quando già cominciano a languire le note della banda, le voci dei sorbettieri e le lampadine della luminaria, una mano invisibile granella nel cielo, a quando a quando, dei nembi di fiori luminosi che subito si spengono e dileguano, come disdegnando di scendere in terra.

 

Ciò è spiegabile peraltro, poiché la festa della Madonna del Soccorso è una delle feste più antiche, più paesane, più legata ai nostri ricordi e affetti familiari. È come un’antica festa di famiglia, la quale ricorre si con gioia precorsa dall’attesa, accompagnata da brio ed entusiasmo, ma non però disgiunta dal sentimento triste di tutto ciò che è morto dentro di noi e intorno a noi.

La sagra ha perduto il suo antico sapore poiché ora avviene in un posto invaso da molte abitazioni, da nuove concerie, che anche qui parlano di sviluppo edilizio ed industriale. Il sito non è più isolato, ma raggiungibile anche attraverso l’ampia strada dì svincolo, la panoramica, che tagliando i monti di sud, a mezza costa, elimina le distanze di una volta. Immancabilmente ridotta, anche perché d’estate il paese si vuota per il moderno uso di fare vacanza, quella festa ha per di noi il sapore amaro delle cose perdute per sempre.

  

Ecco cosa dice di questa festa il giornale "Il Sole" il 15 agosto 1895:

Riesce sempre lieta e simpatica la festicciuola campestre che, per antica tradizione, si suole quassù annualmente celebrare. Questa ebbe luogo domenica scorsa e fu, come per solito piena di brio e di cordiale divozione, poiché al suono della banda allo sparo dei mortaretti, al mite luccichio di quei sparsi fili di lampioncini , al festoso grido di tutti quei venditori di cocomeri e vino disseminati pel buio della selva, ove sotto alquante baracche si vociava e trincava allegramente, avviluppossi nei cuori tutto quel profumo d'intima poesia locale cui si legano le memorie e le speranze di tutta una vita.

 

 

Dati documentali

1617 (ASA, Notai, s. a.) La Cappella, già edificata e in attività, è di jus patronale della famiglia Garzilli del Casale Fiume.

Dal Catasto Onciario (ASN) Nel 1754 la chiesa possiede: selva avanti la chiesa, selva la calcara o liarvo, selva al Chiameranno, selva le traverse alla passatoia. Crediti a carico di Carmine Antonio e fratello Giannattasio, Matteo Guarino, Tommaso Salerno, Ferdinando Fiordalisi. Pesi a favore di Cappellania festiva pro benefattori, di Capozzi di Salsa, della Mensa arcivescovile, per cera e suppellettili.

Sono compatroni : Giuseppe Pandolfelli ujd, Nicola dei Liguori, Massenzio di Paolo Garzilli.

 

Nel 1791 (ASA, Notai, s. a.) “si dichiara che in questa chiesa si è formata di recente una fabrica di stucco nel cappellone di sinistra con l’Immacolata concezione di Camillo de Lellis e di Andrea di Avellino. […] Il Cappellone di destra “col crocifisso è di jus dei fratelli Carmine Filippo, Vito e Massenzio Garzilli di Paolo che hanno il diritto di possedere il cappellone con opere e celebrazioni e cere, possono fondare qualche cappellania gentilizia ed avere la chiave  della chiesa anche delle campane”.

Nel 1792 sono governatori Giovanni Tommaso Caropreso, Filippo Giannattasio, Marco Papa, Michele Cerino (ASA, Notai, s. a., f. 79).

 

 

 

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