Una sola chiesa 

Perchè nell’XI secolo la chiesa aveva una doppia titolazione

Una chiesa bizantina dedicata alla Madonna del 15 agosto in cui i Longobardi introdussero il culto al Santo Angelo

*

(1988)

Il perchè di un errore.

La riapertura al culto della Collegiata di San Michele Arcangelo di Solofra ha portato l'attenzione di tutti su questo autentico gioiello di arte, ma per il solofrano è stato qualcosa di più, ha cioè scoperto che questa chiesa è espressione del momento, più importante della storia solofrana, di quei secoli  - XIV e XVI -  in cui Solofra visse un periodo culturale ed economico di alto valore, appunto espresso nella Collegiata.

Ma sì è andato anche indietro nel tempo e si è scoperto che questa chiesa ha anche una preistoria in quella "ecclesia parochialis et mater S. Angeli" di cui parla il cardinale Fregoso nella visita parrocchiale del 29 agosto 15111 che poi sarà demolita per dar posto ad una costruzione più bella, più ampia, appunto la Collegiata, E si è saliti fino all'XI secolo, al primo documento, che parla di questa chiesa.

Il solofrano però si è trovato dinanzi ad un problema: "Era una la chiesa o erano due"?

1. Cfr. Crisci-Campagna, Salerno sacra, Salerno, 1962, p. 337.

 

Dalla raccolta scandoniana risultano due chiese2, ma Scandone prende la notizia da Pennacchini3 e cita Paesano4.

2. Cfr. F. Scandone, Documenti per la storia dei Comuni dell'Irpinia, Avellino, 1956, vol. I, p. 225.

3. Pennacchini, Pergamene della Curia arcivescovile di Salerno, in "Rassegna storica-salernitana", anno VI 1945, n. 3-4, p. 259 n. 3.

4. V. Paesano, Memoria per servire alla storia della Chiesa salernitana, Napoli, 1846, parte I, p. 104.

 

Entrambi attingono la notizia dal Regesto di Antonio Balducci, che riporta quanto segue:

1042. giugno. Collazione in cartapecora delle Chiese di S. Angelo e S. Maria, site in Solofra con tutti gli stabili e mobili, sacri utensili, fatta da Alferio presbitero et Abbate della Chiesa di S. Massimo per parte dell'Arcivescovo Amato et in persona di Triploaldo presbitero di Solofra per l'annuo censo di mezza libra di cera, ova cinquanta e due polli in segno di ricognizione. Rog. da Marinaldo Not. nell'anno XXIV di Guaimario IV, principe di Salerno, e II di Gisulfo suo figlio5.    

5. A. Balducci, Archivio diocesano di Salerno. Cenni sull'Archivio del Capitolo metropolitano, Parte 1, Collana, storico-economica del Salernitano, Fonti IV, Salerno, 1959, n. 9, pp.5-6.

 

Anche il solofrano Antonio Graziani6 riporta il testo balducciano, da cui risulta solo l'obolo in segno di ricognizione che direbbe di trattarsi anche di chiese di poco conto.

6. A. Graziani, Purdgravine, Avellino, Iaccheo, s.d., Appendice, p. 14.

 

Tutti coloro che si sono rifatti a queste fonti, e soprattutto a Scadone, hanno sempre parlato di due chiese e così Generoso Crisci ed Angelo Campagna in Salerno sacra7.

7. Crisci-Campagna, op. cit., p. 376.

 

Nel 1974, però, Generoso Crisci, il coautore dell'opera precedentemente citata, nell'ampio studio sulla Chiesa salernitana, parlando dell'opera di Amato III dice del conferimento a Truppoaldo della "ecelesia vocabulum S. Angeli e Sancte Marie que est plebe et constructa in ipsum locum Solofre con tutti beni annessi". In nota l'autore cita la pergamena ADS, arco I., perg. 9, e poi aggiunge: "Si tratta di una sola chiesa e non di due come si rileva chiaramente dalla lettura della pergamena originale". Il Crisci, però, colloca questo conferimento nel giugno del 10328. È chiaro che la sottolineatura fu fatta dall'autore perché, nel frattempo, si era reso conto dell'errore del regesto balducciano. Egli nel 1974 aveva, dunque, letto la pergamena solofrana.

8. G. Crisci, La Chiesa salernitana attraverso i suoi vescovi, IPSIA, 1974, v. I, p. 76 e nota 3.

 

Nello stesso periodo sono da registrare gli studi di Bruno Ruggiero sulle chiese nel Mezzogiorno medievale. Egli curò la trascrizione esatta del documento solofrano, che venne pubblicata postuma, in appendice ad uno studio dal titolo Per una storia della pieve rurale nel Mezzogiorno medievale (in "Studi Medievali", serie III, anno XVI,1975). Lo stesso studio, nel 1977, fu compreso in una raccolta di saggi bruniani dal titolo: Potere Istituzioni, Chiese locali: Aspetti e motivi del Mezzogiorno medievale dai Longobardi agli Angioini (Bologna).

La trascrizione bruniana è preceduta dal seguente sunto:

"Adelferio, diacono e archipresbitero e abate di S. Massimo, in presenza e per concessione di Amato, arcivescovo di Salerno, concede a vita a Truppoaldo presbitero del fu Diletto chierico la chiesa pievana di S. Maria e S. Angelo di Solofra, soggetta e pertinente all'archiepiscopio salernitano e tenuta in beneficio dallo stesso Adelferio; insieme con la chiesa concede i suoi beni mobili e immobili, perché ne goda e offici e faccia officiare nella chiesa, tenendo per sé alcune delle offerte dei fedeli, dividendone altre a metà, mentre degli animali e di altri oggetti ornamentali della Chiesa potrà usufruire, conservandoli tuttavia ad essa come beni suoi propri. Il concessionario si obbliga a pagare un annuo censo nelle festività di S. Angelo del mese di maggio e di S. Maria del mese di agosto, nel giorno di Natale e il Giovedì Santo, quando a sua volta riceverà le sacre specie, il crisma e l'olio santo".

Il Ruggiero poi aggiunge:

"Originale: Archivio della Mensa arcivescovile nel palazzo arcivescovile di Salerno, arca I, n.9 (A). Sul verso in una beneventana assai calligrafica: "Brebe de Sancto Angelo de Solofra" [...]. La pergamena (cm.53x28) presenta abbondanti tracce di umidità lungo le piegature e abrasioni9.

9. B. Ruggiero, Potere, istituzioni..., cit., p. 88.

 

Per dovere di completezza dobbiamo dire che presso l'Archivio della Curia Arcivescovile di Salerno esiste una trascrizione del documento solofrano. È contenuta in un foglio protocollo scritto con grafia ottocentesca per le intere quattro facciate. Sul margine sinistro della prima facciata di detto foglio è riportato, a matita, quanto segue: "Errata in molti punti. Da chi è stata fatta? Iorio". Di questa trascrizione non esistono edizioni. Abbiamo fatto un confronto tra le due trascrizioni ed abbiamo individuato delle differenze, ma non tali da giustificare l'errore del Regesto balducciano.

Altri studi del Ruggiero in cui è studiata la pieve in questione sono: "Parrocchia" e "Plebs" in alcune fonti del Mezzogiorno longobardo e normanno (in "Campania Sacra", 1974, Napoli, n. 5, ppp. 5-11) e Principi, nobiltà e Chiese nel Mezzogiorno longobardo. L'esempio di San Massimo di Salerno (Napoli, 1973, p. 82).

 

Altro autore, che cita la chiesa solofrana è D. Gregorio Portanova O.S.B. in I Sanseverino e l'Abbazia Cavense (Cava,1977) che sottolinea l'importanza della pieve e ne sollecita uno studio più approfondito.

In un nostro studio edito per i "Quaderni di Ricerca storica" dell'Accademia Solofra nel 1985 dal titolo: Solofra nell'XI secolo parlammo dell'unica Chiesa di S. Angelo e S. Maria, che, essendo una pieve, cioè una chiesa rurale, matrice di altre cappelle esistenti nella zona, dava la possibilità di chiarire la realtà esistente nella conca solofrana in quel tempo. Abbiamo di recente parlato della pieve solofrana anche in La Collegiata: simbiosi di fede e storia solofrana nell'album edito dall'Accademia Solofra dal titolo: Solofra. Nella Collegiata dell'Arcangelo Michele la simbiosi storica di questa città (pp. 9-12).

Ciò che è necessario aggiungere e che ha dato adito a queste precisazioni è che il bel volume edito dalla Sovraintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Salerno e Avellino dal titolo: Restauri a Solofra. La Collegiata di San Michele, contiene dei riferimenti storici ancora attestati alla fonte scandoniana ignorando gli studi seguenti citati, che dal 1974 fanno piena luce sulla chiesa solofrana10.

10. Cfr. nel citato volume l'articolo di Luigi D'Amato Solofra: Università e Feudo (p. 88) e Il restauro della Collegiata di S. Michele Arcangelo di Adele Pezzullo (p. 16).

 

Qui vale sottolineare che il vano individuato nella cripta adibito ad ossario di cui parla nel citato volume Adele Pezzullo, l'architetto della Sovraintendenza, che ha curato il progetto e la direzione dei lavori del restauro della Collegiata, e che appartiene, come la stessa autrice afferma, alla chiesa di S. Angelo, si riferisce al jus sepolturae goduto dalla pieve, come si legge nel documento. Truppoaldo infatti si impegna a dare metà degli introiti delle sepolture all'abate di S. Massimo, che gli concede la chiesa tenuta da lui in uso dall'Arcivescovo.

La stessa Sovrintendenza potrebbe tenere in considerazione un'affermazione di uno storico solofrano, il Canonico Antonio Giliberti che dice: "La vetusta Basilica di S. Michele Arcangelo fu innalzata sull'aia dell'antica Parrocchia S. Angelo, demolita come angusta e deforme"11 per individuare con i mezzi a sua disposizione l'esatta ubicazione della precedente chiesa, visto che aveva anche dei locali adibiti alle attività agricole e locali per accogliere i preti che celebravano nella pieve. 

11. A. Giliberti, Pantheon Solophranum, Avellino, 1886, p. 28.

 

 

 

 

Una chiesa medioevale nel Principato salernitano

La pieve di S. Angelo e Santa Maria de locum solofre

http://www.storiadelmondo.com (maggio 2003).

 

 

 

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