IL CULTO A SAN MICHELE ARCANGELO

 

Origine e significato

 

Il culto a S. Michele si diffuse nei pressi di Solofra nella forma ingrottata secondo l'uso bizantino che lo avevano introdotto in Italia.

La grotta di Montoro dedicata al Santo Angelo, simile a quella di Monte Sant'Angelo sul Gargano, fu il primo centro della fede all'arcangelo della zona.

 

In questa forma fu conosciuta dai Longobardi, che divennero fedeli a S. Michele e posero la festa l'8 maggio, per ricordare una loro vittoria attribuita all'aiuto dell'Arcangelo (Siponto 625).

 

 

Questo popolo usò il Santo per dominare sulle popolazioni e per non distruggere i culti locali, adottò quindi la pratica della doppia intestazione delle chiese, con cui al santo locale aggiungevano quello portato da loro.

La fara longobarda, che si insediò nella conca solofrana all'indomani della formazione del Ducato di Benevento, aggiunse alla pieve locale, intestata a S. Maria del quindici agosto, l'intitolazione al Santo Angelo.

In tal modo i Longobardi dettero un'impronta propria a questo territorio di grande importanza strategica poiché da esso si controllava la pianura di Montoro.

 

Il culto si è radicato in modo forte sul territorio

 

Il culto a S. Michele prevalse sull'altro mentre la comunità solofrana organizzò la propria vita intorno alla pieve ed ebbe in essa un punto importante di riferimento.

 

Nella pieve del locum Solofre l'individuo col battesimo (jus baptisterij) entrava nella comunità cristiana, in essa ancora trovava forti punti di riferimento e di sicurezza nella precarietà di quei tempi e soprattutto ad essa affidava i suoi cari (jus cimiterij). Questa chiesa allora si identificò con la comunità locale ed il culto al santo si trasformò in culto popolare.

 

 

Sotto le insegne dell'Arcangelo Michele si è sviluppata la concia delle pelli

 

Il casale fiume (il futuro Toppolo) faceva parte delle terre della chiesa e fu qui che si diffusero le fosse dove le pelli subivano le primitive forme di concia.

 

In questo luogo l'attività si consolidò, ancora una volta per un processo legato alla chiesa, la quale fu protetta dalle prerogative concesse, prima dai Normanni e poi da Federico II, all'Arcivescovo di Salerno e che riguardavano proprio l'utilizzo dei fiumi delle sue terre.

 

 

La Collegiata e la concia

La chiesa fu costruita per proteggere le attività artigianali e finanziarie

 

Tutta questa valenza così pregna di significato l'Arcangelo portò nella Collegiata di S. Michele Arcangelo. La chiesa espresse il momento della massima ascesa socio-economica della comunità solofrana non solo nella grandiosa fisicità della costruzione quanto nella sua struttura di chiesa appartenente interamente alla comunità (chiesa ricettizia).

 

Tra la comunità solofrana e i feudatari ci fu un forte contrasto poiché gli Orsini tentarono di controllare la chiesa ma non vi riuscirono per la forte opposizione.

 

In questa piazza del centro storico si vede il contrasto che oppose la Universitas solofrana agli Orsini: da una parte la Collegiata dall'altra il palazzo feudale.

 

 

Un mito significativo

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 Parla dell'Arcangelo Michele che abbatte con la forza della sua spada la prepotenza baronale rappresentata da un ponte che l'Orsini faceva costruire dal suo palazzo alla Collegiata.

 

 Inno a S. Michele

Fu composto nel 1928 da C. Troisi e musicato nel 1960 da A. Famiglietti

 

La festa del patrono

Testimonianze sulla festa patronale

Leggi l’articolo

Alle origini della festa di  San Michele

La Collegiata

 

M. De Maio, Alle radici di Solofra, Avellino, 1997.

Solofra nel Mezzogiorno angioino-aragonese, Solofra, 2000.

 

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Inno a S. Michele

Parole di Carmine Troisi

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Michele, tu l'inclito Duce
nei cieli, in olimpica pugna,
tu stella frammento di luce,
qual sole risplende lassù
tu nome coverto di gloria
risuona pei cerchi divini,
tuo serto d'ardenti rubini
rifulge d'arcana virtù.
 
Fortissimo braccio tra i forti,
invitto campione di Dio,
fugasti le insorte coorti,
col lampo del brando fedel.
Balzato per te nell'abisso
fu Satan dai seggi stellati,
per te fur così vendicati
gli offesi diritti del ciel.
 
Arcangelo bello, la terra
pur tanto colpevole e vile,
cui sempre travaglia una guerra,
funesta, malvagia, sleal,
volesti, pietoso, più volte
di tua presenza degnarci.
l'angelico volo librare,
su questa fucina del mal.
Noi siamo gli eletti. Ti pose
a nostra tutela l'Eterno.
Oh, voglia che tanto dispose
veder tutti salvi per te!
Siam pure, Michele tuoi figli
Ci assisti nell'aspra tenzone
Del merto le côlte corone
porremo beati al tuo pie'.
 
Seguaci del santo vessillo
che inalberi tu della croce,
o frema il nemico, o tranquillo
si pieghi su noi il seren,
andrem sempre avanti in tuo nome,
col cuore all'eccelse speranze,
fin quando sue lucide stanze
ci chiuda l'Empireo. Amen!
 
(Settembre 1928) 

 L’inno fu musicato da Antonio Famiglietti